“AI: ignota anche quando open source”


L’Intelligenza artificiale tra passato e futuro

L’intelligenza artificiale domina in maniera sempre più significativa i dibattiti. Si sta infatti arrivando, più o meno lentamente, a rendersi conto che sarà questa una delle frontiere principali anche nel breve periodo. Quello che invece molti ancora non sono portati a riconoscere da quanto tempo questa tecnologia si è affermata. Il momento in cui gli studi e gli investimenti in questo campo hanno avuto inizio non corrisponde infatti a quello, molto più recente, in cui l’intelligenza artificiale è entrata nell’uso comune. Basti pensare che il termine “intelligenza artificiale” è stato coniato negli anni 50, ma ancor oggi, secondo l’ultimo Trend Radar di Samsung, il 58% degli italiani possiede una conoscenza vaga dell’IA (Fonte: Quotidiano Nazionale). Non si tratta di un fattore di poca importanza. Carenze come queste portano ad avere una visione distorta del fenomeno. In primis, tendiamo a sottostimare o sovrastimare le potenzialità di tale tecnologia, soprattutto i suoi possibili danni. In secondo luogo si corre il rischio di non mettere l’accento sul lungo processo di sviluppo, portato avanti da una varietà di menti brillanti, che ha reso possibili tali risultati, di certo non frutto di semplici lampi di genio.

L’AI open source

Entrambe queste considerazioni fungono da preambolo per il fulcro di questo articolo: il tema dell’open (source) AI, non nel senso stretto del termine (dunque in riferimento allo specifico prodotto elaborato dall’omonima società) bensì con riferimento al concetto generale che vi sottostà. Un progetto sicuramente molto ambizioso che si pone diversi obiettivi: tra i principali abbattere le barriere in entrata (ossia le possibilità economiche richieste anche solo per elaborare determinati modelli), aprire il dibattito ed aumentare la trasparenza su queste tecnologie (trattandosi appunto un open source), e, inevitabilmente, sottrarre un apparente oligopolio a chi già si è affermato sul mercato. In definitiva dovrebbe trattarsi anche e soprattutto di un modo per andare a sondare e riparare i difetti strutturali dell’intelligenza artificiale.

Esperimenti di open source: da Open AI all’AI Alliance

Quest’iniziativa era stata intrapresa per esempio da Open AI. Infatti, prima ancora dell’exit di Elon Musk, l’azienda si era prefissata lo scopo di dare alle persone uno strumento che le potesse tutelare proprio dai rischi dell’AI stessa e di contrapporsi al monopolio di un competitor (non specificato)1. Open AI ha poi però subito un forte cambiamento, passando dall’essere una no profit ad avere una divisione ibrida (tra profit e nonprofit), tessendo legami sempre più stretti con Microsoft (e, dunque, diventandone dipendente) e in qualche modo perdendo di vista, a detta dello stesso Musk, l’obiettivo iniziale. Tra coloro che si sono cimentati recentemente nell’impresa troviamo anche IBM e l’”AI Alliance” che si è sviluppata intorno al colosso del tech. “AI Alliance” non è un titolo vuoto: si tratta infatti di una vera e propria rete di partner (già più di 50 nel 2023, al via del progetto) che raduna “aziende, startup, ricercatori, governi e altre organizzazioni”2 uniti nell’obiettivo comune di collaborazione, apertura e progresso sull’AI. AI Alliance ha recentemente festeggiato il proprio anniversario con IBM che ha all’attivo lo sviluppo di una varietà di modelli e framework AI che devono continuamente essere adattati alla regolamentazione vigente (tra cui merita speciale menzione l’AI Act).

I dubbi sull’open source 

C’è chi, tuttavia, ha sollevato dei dubbi sull’applicazione pratica del concetto di open source oppure addirittura su come questo concetto si stia affermando oggigiorno. L’editore Tim O’Reilly, fervente sostenitore del software libero, e il collega Mike Loukides hanno fatto notare ad esempio come fornire un codice non abbia talvolta alcuna valenza: poiché alcuni di questi codici sono troppo pesanti per poter essere aperti e processati dalla stragrande maggioranza della strumentazione in uso sul mercato3. Questa riflessione era stata applicata per esempio ai modelli elaborati da Facebook. L’Open Source Initiative, un’organizzazione (precisamente una “società a beneficio pubblico”) preposta a definire l’approccio open source, ha invece recentemente rilasciato una nuova definizione di AI “open source” con cui sembra che diversi modelli AI elaborati non siano completamente in linea. Come dichiarato dal Direttore Esecutivo Maffulli a La Repubblica, ci sono tre criteri che caratterizzano un AI open source: l’accessibilità incondizionata e senza discriminazioni, la disponibilità di tutti i componenti dell’AI in questione (tra cui anche i dati usati per il training) e la possibilità di costruirvi sopra. Stando al giudizio del Direttore, l’AI LLama di Meta (all’interno dell’AI Alliance) non risponderebbe per esempio a questi parametri. Sono invece AI open source Eluther AI, l’Allen Institute for AI, LLM360 e Falcon.

L’alfabetizzazione digitale come chiave

Persino il fenomeno open source, che dovrebbe aiutarci nella gestione dell’intelligenza artificiale, è caratterizzato da un grado di complessità elevato, che abbiamo provato a sondare nel corpo dell’articolo. Al netto della possibilità di avere accesso ad un open source AI, vi è la necessità di saperlo leggere ed utilizzare. I documenti open source tradizionali sono più o meno fruibili da una grande parte della popolazione. Per quanto riguarda l’AI, invece, non è così. Anche avendo a disposizione un codice e riuscendolo ad aprire, sono poche le persone che saprebbero veramente districarsi al suo interno. Tendiamo dunque a vedere l’AI come qualcosa di sfuggente, impossibile non solo da controllare ma persino da comprendere. Un’esperienza quanto più condivisibile se si fa riferimento al concetto di “asimmetria dell’informazione” proprio dell’economia dell’informazione”. L’affermarsi dell’AI come una tecnologia generativa aumenta il divario di informazioni tra l’uomo e la tecnologia stessa, rischiando di asservirlo ad essa. Le innovazioni si susseguono ad un ritmo esponenzialmente più elevato rispetto al passato: basti pensare che si stima che il mercato dell’AI varrà fino a 11 trilioni entro 3 anni.

Si comprende dunque che l’open source AI non sarà una vera e propria fonte fruibile fin quando non si raggiungerà un’alfabetizzazione digitale consistente tra la popolazione. Un obiettivo che sembra più un miraggio al netto anche di quanto sottolineato all’inizio dell’articolo e che deve portare a riflettere sulla capacità dei sistemi di insegnamento tradizionale (e delle aziende) nell’affrontare questa nuova sfida. Secondo l’istituto di ricerca Eumetra, infatti, tra le persone che si sono informate in merito all’AI il 55% l’ha fatto attraverso la TV o i social network per il 53%, solo il 13% ha reperito queste informazioni in ambito lavorativo o scolastico6. E’ in questo campo che l’AI Alliance si sta muovendo, trainata da IBM. L’azienda, oltre a fornire consulenza su come condurre ad esempio l’alfabetizzazione dei dati7, può contare sulla piattaforma di alfabetizzazione digitale “SkillsBuild”, lanciata già nel 2018, e si è infatti prefissata l’obiettivo di istruire 2 milioni di persone nell’ambito dell’AI entro il 2026.

La questione open source è cruciale nel mondo odierno: trasparenza e affidabilità costituiscono infatti un paradigma imprescindibile che ispira anche le policies implementate dalle istituzioni. Tuttavia, si tratta di un tema talmente complesso da non poter essere limitato alla mera messa a disposizione delle informazioni (come potrebbe avvenire per altre tecnologie). Con l’aumentare della pervasività dell’AI serve infatti che i cittadini possano essere veramente al corrente di quanto accade nelle loro vite.

Fonti:

https://www.ilpost.it/2023/03/30/storia-openai/

https://it.newsroom.ibm.com/aialliance 

https://www.digitalworlditalia.it/tecnologie-emergenti/intelligenza-artificiale/open-source-non-funziona per-intelligenza-artificiale-149044

https://www.repubblica.it/tecnologia/2024/10/29/news/intelligenza_artificiale_open_source_definizione _significato_requisiti-423584127/ 

https://www.corriere.it/economia/intelligenza-artificiale/24_giugno_06/intelligenza-artificiale-il-mercato varra-fino-a-11-trilioni-di-dollari-entro-tre-anni-d16383da-f372-4409-8161-89b6110fdxlk.shtml

https://finanza.lastampa.it/News/2023/12/29/intelligenza-artificiale-oltre il-60percento-degli-italiani-e-convinto-di-conoscerla-ma-la-meta-non-lha mai-usata/NDlfMjAyMy0xMi0yOV9UTEI

https://www.ibm.com/it-it/resources/the-data-differentiator/data-literacy

https://newsroom.ibm.com/2023-09-18-IBM-Commits-to-Train-2-Million-in-Artificial-Intelligence-in-Thre e-Years,-with-a-Focus-on-Underrepresented-Communities?utm_date=ALWAYSON&utm_program=ib mskillsbuild&utm_medium=organic&utm_source=skillsbuildorg&utm_campaign=ai_announcement&ut m_ids=NEWS&id=1199 

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