L’Intelligenza Artificiale, a lungo rimasta nell’immaginario collettivo come una promessa proiettata in un futuro incerto, è oggi una realtà solida e tangibile che, in modo più o meno evidente, ha conquistato un ruolo centrale nella nostra quotidianità.
L’introduzione di software sempre più sofisticati, in grado di elaborare enormi quantità di dati grazie a complessi algoritmi, insieme alla raffinata capacità di apprendimento automatico — il machine learning — che consente ai computer di riconoscere schemi e prendere decisioni in modo autonomo, ha infranto la diga che finora aveva contenuto il pieno dispiegarsi di questo progresso informatico e tecnologico.
L’ondata di innovazione che ne è derivata ha investito trasversalmente ogni settore, dall’industria all’istruzione, passando per il marketing, la sicurezza e, naturalmente, il campo medico, dove l’Intelligenza Artificiale sta offrendo strumenti sempre più avanzati per supportare diagnosi e percorsi terapeutici personalizzati.
Tuttavia, è innegabile che la crescente dipendenza da sistemi di Intelligenza Artificiale — favorita anche dalla loro sempre più ampia accessibilità, come dimostra il caso emblematico di ChatGPT — stia sollevando interrogativi legittimi, in merito ai rischi potenziali legati ad un’evoluzione e ad un perfezionamento così rapido di questi strumenti.
La delega di compiti sempre più complessi ai computer, unito alla loro capacità di rispondere in maniera fine, efficace e specifica alle richieste umane, alimenta in alcuni il timore di una graduale sostituzione del ruolo dell’uomo.
Certo, non in una lettura distopica alla Matrix, ma in modo più sottile, che nell’ambito medico potrebbe tradursi in una progressiva disumanizzazione delle cure, con il rischio di perdere quella componente empatica, relazionale e profondamente umana che ha da sempre costituito il fulcro del rapporto tra medico e paziente.
Ma è davvero così?
Ne abbiamo parlato con il dott. Luca Tagliaferri, direttore del Gemelli ART (Advanced Radiation Therapy), centro altamente specializzato di Radioterapia Oncologica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma.
Il Gemelli ART ha infatti intrapreso una sfida tanto ambiziosa, quanto innovativa: utilizzare l’Intelligenza Artificiale non solo per potenziare l’efficacia dei percorsi diagnostico-terapeutici, ma anche per umanizzare il percorso di cura, offrendo ai pazienti non soltanto trattamenti d’avanguardia, ma anche esperienze relazionali ed emotive significative.
E’ proprio in quest’ottica che nasce il progetto Art4ART, il cui obiettivo è coniugare tecnologia e umanizzazione della cura, partendo da un dato emerso da numerose evidenze nel campo della letteratura scientifica: la qualità delle relazioni e del vissuto emotivo del paziente può incidere in modo determinante sull’outcome clinico.
Il dott. Tagliaferri cita a questo proposito un interessante studio condotto su pazienti affetti da glioblastoma, tutti con lo stesso grado di malattia, trattati con gli stessi protocolli terapeutici e dalle stesse équipe mediche. L’analisi dei risultati ha evidenziato una differenza significativa nelle curve di sopravvivenza tra due gruppi: a fare la differenza, sorprendentemente, è stato il livello di resilienza dei pazienti, ovvero la capacità di affrontare positivamente le situazioni difficili della vita, misurato attraverso appositi score.
A partire da questa evidenza, è emersa la necessità di porre una particolare attenzione agli aspetti relazionali e psicologici del percorso di cura, al punto da strutturare veri e propri protocolli relazionali da integrare nella pratica clinica.
In quest’ottica, il team del Gemelli ART ha scelto di mettere al centro del progetto una delle forme di espressione più antiche e universali dell’essere umano: l’arte, intesa non soltanto nella sua accezione figurativa, ma come insieme di linguaggi, nella moltitudine delle sue declinazioni, capaci di generare connessioni emotive profonde e significative.
Da qui è nata una serie di interventi volti a trasformare radicalmente l’ambiente ospedaliero, con l’introduzione di opere artistiche e installazioni immersive nei luoghi deputati alla radioterapia. Le sale “bunker”, ad esempio, tradizionalmente percepite come spazi freddi e inospitali, sono state reinterpretate come luoghi evocativi e rasserenanti, adornati con immagini del Colosseo, di Villa Adriana, o – per i pazienti pediatrici – ambientazioni marine e sottomarine.
Ma qual è il ruolo dell’Intelligenza Artificiale in questo contesto?
“ E’ chiaro che, ad oggi, la moderna oncologia, come la moderna medicina del resto, deve essere personalizzata” – sottolinea il dott. Tagliaferri – “ Le richieste dei pazienti sono diverse, e tale personalizzazione, anche dal punto di vista relazionale ed emozionale, può essere efficacemente supportata proprio dall’Intelligenza Artificiale .”
Il progetto Art4ART si concretizza infatti in una piattaforma digitale che consente al paziente di accedere a una vasta gamma di contenuti artistici, accuratamente selezionati grazie alla collaborazione con prestigiose istituzioni culturali come i Musei Vaticani, il MAXXI, il FAI e molti altri. Il paziente, prima, durante o dopo la terapia, può navigare liberamente all’interno di questa matrice emozionale e scegliere i contenuti che ritiene più adatti ad accompagnarlo nel proprio percorso terapeutico.
La piattaforma, nel frattempo, raccoglie e analizza in tempo reale i dati relativi alle preferenze, ai tempi di fruizione e alle correlazioni tra le emozioni suscitate e le tipologie di arte selezionate. Questi dati alimentano un vero e proprio laboratorio di Intelligenza Artificiale, integrato nel sistema informatico dello stesso Gemelli ART, che sintetizzi appunto risultati clinici, dati di trattamento, e dati provenienti dalla piattaforma stessa, con l’obiettivo di costruire un modello basato sulla profilazione psicologica del paziente.
In questo modo, l’Intelligenza Artificiale diventa uno strumento strategico per migliorare la resilienza individuale, proponendo contenuti motivazionali personalizzati e potenzialmente in grado di influenzare positivamente la sfera psicologia del paziente e, di conseguenza, l’esito clinico.
“ L’ Intelligenza Artificiale non è quindi nemica dell’umanizzazione,” – conclude il dott. Tagliaferri – “ma diventa un tool da sfruttare, poiché, se impiegata in modo etico e mirato, può divenire alleata preziosa dell’umanizzazione della cura.”
Attualmente il progetto è in una fase di raccolta e analisi dei dati: si stanno studiando gli effetti dell’esposizione ai contenuti della piattaforma tanto su parametri psicologici misurati tramite scale validate, quanto su marcatori fisiologici indiretti dello stress, come ad esempio l’amilasi salivare.
Ciononostante, l’obiettivo ultimo è chiaro: elevare, con il supporto dell’Intelligenza Artificiale, i livelli di resilienza nei pazienti oncologici, dal momento che questa si è rivelata un fattore determinante per l’esito clinico.
Questa sfida, indubbiamente ambiziosa, rappresenta la promessa di un nuovo paradigma di cura che non rinuncia all’umanità, ma che anzi ne fa il proprio fulcro, amplificandone le potenzialità grazie alla tecnologia.