AI GENDER GAP, DONNE SOLO IL 29%


Professioniste ed imprenditrici di tutto il mondo temono i risvolti dell’artificial intelligence al maschile: solo il 29 per cento della forza lavoro è donna e questo potrebbe avere risvolti di ‘genere’ nella filiera AI. Le soluzioni per invertire il trend? Tanta formazione e un pizzico di coraggio anche da parte delle donne: “Solo il coinvolgimento delle donne nello sviluppo dell’IA può garantire tecnologie inclusive e rappresentative dell’intera società”, afferma Virginia Padovese, Vice President Partnership per l’Europa di NewsGuard. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Marinela Profi, Global Market Strategy Lead for AI and Generative AI di SAS: “L’unica soluzione per smettere di avere paura dell’AI è imparare ad applicarla”. Conferme che la questione è aperta arrivano dalle ricerche condotte sulle principali testate internazionali del settore da Espresso Communication per conto dell’AI WEEK, la fiera europea dedicata all’AI in programma dal 12 al 16 maggio con due giornate (13-14) a Rho Fiera Milano e che prevede 15mila presenze, 250 espositori da tutto il mondo e 450 speaker. 

La circostanza secondo la quale solo il 29 percento della forza lavoro è donna emerge da un’indagine ripresa da Forbes USA. Secondo  il rapporto solo il 35% delle donne ha ricevuto il consenso da parte dei propri datori di lavoro di utilizzare strumenti o innovazioni basate sull’artificial intelligence. E ancora, se si parla prettamente di competenze, le collaboratrici hanno il 5% di probabilità in meno di ricevere una formazione adeguata e il 30% delle stesse dipendenti si sente poco sicura del fatto che gli insegnamenti ricevuti o i corsi effettuati le abbia preparate ad applicare la tecnologia del momento nella quotidianità lavorativa. Ulteriori spunti sul tema arrivano da una recente ricerca pubblicata da Harvard Business School: nello specifico la percentuale di donne a livello globale che stanno adottando strumenti di intelligenza artificiale risulta del 25% inferiore rispetto a quella legata agli uomini. Le motivazioni che potrebbero spiegare questo dato di scenario? Secondo la medesima fonte, la prima ragione è la paura. Di cosa? In primis, di non rispettare i principi etici che regolano proprio l’utilizzo dell’AI e, in secondo luogo, di non essere sufficientemente preparate e/o formate per applicarla durante la quotidianità lavorativa. 

Ma qual è la soluzione migliore per invertire il trend e avvicinare le professioniste all’artificial intelligence? In primo luogo, sicuramente la formazione, fatta di corsi e sessioni non soltanto esterne alle mura aziendali, ma anche a carico dei singoli datori di lavoro. E, subito dopo, un pizzico di coraggio, utile per abbandonare il cosiddetto “porto sicuro” e abbracciare così al 100% la “AI Age”. Tutto ciò viene ulteriormente confermato da esperte, anzi “AI Women” di primaria importanza come, ad esempio, Marinela Profi, Global Market Strategy Lead for AI and Generative AI di SAS oltre che relatrice alla prossima AI WEEK: “Oggi le donne sono ancora significativamente sottorappresentate nei settori dell’IA e della tecnologia, in particolare nei ruoli di leadership. Il problema? Quando si presentano delle opportunità, gli uomini spesso si tuffano senza esitazione. Le donne tendono a fare una pausa, a valutare la propria preparazione, pensando talvolta che l’IA sia troppo complicata per loro. Il mio consiglio? Buttatevi e imparate il più velocemente possibile, perché la tecnologia cambia e si evolve a un ritmo incredibile. Che siate data scientist, imprenditrici, marketer, strateghe o dirigenti, gli strumenti dell’IA sono qui per amplificare il vostro impatto, non per sostituirvi. Non si tratta di AI che porta via posti di lavoro. Si tratta di AI che crea un cambiamento di potere. L’AI può essere un acceleratore di carriera per le donne nell’imprenditoria, nella leadership e sul posto di lavoro. Le donne devono farsi avanti e rivendicare il loro posto in questo futuro alimentato dall’IA. Se il problema è la fiducia, la soluzione è l’azione. Il modo migliore per capire l’intelligenza artificiale è iniziare a usarla oggi. Se la fiducia è una parte del problema, la mancanza di formazione è l’altra. Le organizzazioni hanno un ruolo da svolgere per invertire questa tendenza. Investendo attivamente nello sviluppo delle donne nel campo dell’intelligenza artificiale, le aziende possono sbloccare il potenziale non sfruttato, promuovere l’innovazione e costruire team più inclusivi e pronti per il futuro. Non è solo la cosa giusta da fare: è una mossa intelligente per il successo aziendale a lungo termine”. 

Sulla stessa lunghezza d’onda anche un’altra “AI Expert”, Virginia Padovese, Vice President Partnership per l’Europa di NewsGuard: “Se vogliamo che l’IA sia davvero al servizio di tutti dobbiamo ricercare e valorizzare la diversità e l’inclusione sia nello sviluppo sia nella fruizione. Parlo di inclusione e diversità di chi scrive i codici, di chi lavora alle strategie di sviluppo, alle politiche aziendali, alle normative che riguardano il settore. E ancora, inclusione e diversità di chi produce e riceve formazione sull’uso dello strumento. L’IA non può essere maschio e non può essere femmina: è una macchina che, per essere uno strumento democratico, deve essere costruita da tutti e al servizio di tutti. Solo il coinvolgimento delle donne nello sviluppo e nell’applicazione dell’IA può garantire tecnologie inclusive e rappresentative dell’intera società. Un’innovazione equa e sostenibile richiede la diffusione di politiche lavorative inclusive, largo accesso all’istruzione Stem e crescita delle competenze digitali delle donne. Sappiamo che per ridurre i pregiudizi nascosti nei dati e negli algoritmi, specchio inevitabile dei processi mentali di chi li progetta, vanno sviluppate tecnologie che tengano conto delle diverse esperienze umane: lo possiamo fare solo costruendo team di IA più eterogenei. Ugualmente dobbiamo agire per evitare che l’IA diventi uno strumento che riproduca o amplifichi gli stereotipi di genere. Per costruire un’IA giusta, trasparente e utile per tutti è necessaria una leadership femminile più ampia negli ambienti dove si prendono le decisioni. I benefici dell’IA non devono essere riservati a pochi, devono diventare sempre più ampiamente raggiungibili, condivisibili e utilizzabili. Per raggiungere questo obiettivo bisogna essere inclusivi. Servono uomini e donne, servono punti di vista diversi e serve attenzione a bisogni diversi”. 

Secondo l’International Institute for Management Development le donne sono chiamate ad essere comunque protagoniste nel mondo e nell’epoca dell’intelligenza artificiale: perché dotate di una straordinaria empatia oltre che di un senso del dovere unico e di una vocazione al rispetto dell’etica encomiabili, rappresentano il genere perfetto di professioniste capaci applicare l’artificial intelligence nel migliore dei modi. Ed ecco un dato positivo: entro il 2030 il numero di donne in ruoli di leadership nell’intelligenza artificiale potrebbe aumentare del 50%. Ed entro il 2040 sarà possibile vedere le donne ricoprire il 40% dei ruoli decisionali nelle aziende tecnologiche globali, con un netto aumento rispetto all’attuale 16%.

© RIPRODUZIONE RISERVATA