Intervista a Francesco Ligorio
“L’auditor che ascolta, il docente che costruisce ponti tra generazioni”
Nel mondo della consulenza, dove i numeri spesso parlano più delle persone, Francesco Ligorio rappresenta un’eccezione. Under 30, Francesco è Dottore commercialista, esperto nella revisione legale dei conti, docente LUISS, autore per un’importante casa editrice e, non da ultimo, membro di associazioni e comitati, nazionali ed internazionali, in ambito economico-finanziario. Ma prima di tutto, è un giovane che ha avuto la fortuna – come ama dire lui – di trasformare la propria passione in lavoro.
«Mi ritengo fortunato: faccio ciò che mi piace, e non è scontato. Nel 2014, ho iniziato il mio percorso accademico in LUISS, concludendolo nel 2019 con una laurea magistrale in Amministrazione, Finanza e Controllo. Durante il percorso magistrale, ho partecipato ad un programma, denominato “Adoption Lab”, promosso dalla LUISS, dove gli studenti vengono “adottati” dalle aziende per risolvere case studies. È lì che ho incontrato il mondo della revisione, e da allora non l’ho più lasciato».
Con sei anni di esperienza in società di revisione, è attualmente in Ernst & Young (“EY”), una delle cosiddette “Big Four”. Oggi collabora con due cattedre universitarie, scrive articoli per Lefebvre Giuffrè Editore, è socio ANDAF e membro del Comitato Principi Contabili Italiani e Internazionali presso l’ODCEC Roma. Un profilo a cavallo tra accademia e impresa, ma anche una persona «che sta crescendo, con tanti piaceri nella vita. Per il resto, sono un ragazzo normale come tanti altri».
L’Audit come ascolto, crescita e scoperta
«Audit deriva dal latino audire: ascoltare. Il revisore ascolta il cliente, ne interpreta le esigenze e lo guida». Per Francesco, la revisione contabile è molto più di una professione tecnica: è un percorso di formazione, personale prima ancora che professionale.
«Nell’immaginario collettivo, si pone l’attenzione sulle capacità professionali, dimostrate quotidianamente, che, a volte, possono trasmettere work-life balance poco sostenibile. Ma si parla troppo degli aspetti negativi e poco di quelli positivi». Tra questi, ne evidenzia tre: la visione d’insieme, lo sviluppo e la crescita personale e la diversità quotidiana.
«L’auditor deve avere una visione omnicomprensiva del bilancio d’esercizio; premessa fondamentale è la conoscenza dell’impresa e la costante interazione con il management. È un lavoro che stimola la capacità critica e impone un confronto costante con figure di spessore. Per me, che sono tendenzialmente introverso, è stato un modo per superarmi. E poi, nessuna giornata è uguale all’altra: ogni cliente è diverso, ogni sfida nuova. L’audit è tutto fuorché monotono».
Tempo, equilibrio e nuove generazioni
Negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia, molti giovani hanno iniziato a rivedere le proprie priorità, chiedendo maggiore equilibrio tra lavoro e vita privata. Anche l’audit, racconta Francesco, è diventato una professione “sostenibile”.
«Dopo il Covid, ci siamo resi conto di quanto sia prezioso il nostro tempo. E oggi i giovani vogliono proteggerlo, vogliono vivere. Il nostro settore sta cercando di rispondere a questa esigenza, anche attraverso strumenti come lo smart working, che è utile ma non può sostituire del tutto l’interazione fisica con i clienti. Il rapporto di fiducia si costruisce anche con la presenza. L’attenzione alla persona si concretizza in un fortissimo orientamento alla flessibilità, al benessere individuale e all’impatto sulla società».
Che peso attribuisci alla retribuzione durante il percorso professionale?
«All’inizio della carriera, le retribuzioni sono in linea con quelle del mercato, ma non è quello il punto su cui focalizzarsi. Il vero valore dell’audit sta altrove: offre percorsi di carriera personalizzati, opportunità di fare esperienze sul campo oltre i confini nazionali, adattarsi a contesti diversi e confrontarsi con progetti all’avanguardia. Un consiglio ai più giovani? Non mettete mai i soldi al centro delle vostre scelte. Puntate su ciò che vi appassiona davvero: solo facendo qualcosa che amate potrete esprimere al massimo il vostro potenziale. E alla lunga, è questo che fa davvero la differenza».
Università e consulenza: un ponte a doppio senso
Il legame con l’università non si è mai spezzato. «Insegno in LUISS, e ogni lezione è un’occasione per imparare. L’insegnamento richiede studio, confronto, aggiornamento continuo. E lo scambio con studenti e colleghi mi arricchisce ogni giorno».
Stare a cavallo tra EY e LUISS gli consente di ampliare il proprio network e, spesso, mettere in contatto mondi diversi. «Capisco le esigenze dei professionisti di oggi e di quelli di domani. In EY, poniamo grande attenzione alla formazione continua ed allo sviluppo a 360 gradi. In LUISS, trovo stimoli, idee, visioni nuove. L’una rafforza l’altra».
Il networking: più che strategia, una questione di umanità
Per Francesco, il networking non è una tecnica da manuale, ma un’attitudine umana. «Costruire relazioni è prima di tutto un piacere, non un dovere. Oggi, la laurea non basta più: è una condizione necessaria, ma non sufficiente. Dove non arrivano le competenze accademiche, devono arrivare le conoscenze professionali. E conoscere nuove persone ti arricchisce sempre, in un mondo globalizzato dove non c’è più molta differenza tra un professionista italiano e uno straniero».
In questa direzione, una preziosa opportunità mi è stata data dalla LUISS che, attraverso la promozione di esperienze internazionali, ti permette di diventare “studente del mondo” e ti mette concretamente in contatto con il mondo del lavoro — come è successo a me.
Leadership, disciplina e gentilezza
Parlando di leadership, Francesco ha le idee chiare: «Un buon manager non nasce, si costruisce. Ringrazio i professori e i partner, che, con la loro esperienza, mi hanno fornito gli strumenti giusti per supportarmi nel percorso di crescita. Allo stesso tempo, risulta fondamentale anche il supporto dei miei colleghi che, ogni giorno, contribuiscono, con il confronto e la collaborazione, a formare non solo il professionista, ma anche il leader che aspiro a diventare. Serve sensibilità, per comprendere i malesseri degli altri e agire di conseguenza. Serve gentilezza, per risvegliare il focus dei team e farli remare nella stessa direzione. Serve disciplina, per definire un metodo e seguirlo. E serve passione: se riesci a trasmetterla, fai del bene a te stesso e a chi ti sta accanto».
Cosa non è compatibile con la leadership?
«L’egoismo. E la mancanza di spirito d’iniziativa».
Guardarsi indietro, ma senza rimpianti
Se potesse tornare indietro, rifarebbe tutto. «Mai rimpianti. Non si può cambiare il passato. Se potessimo, ci disegneremmo tutti un futuro perfetto. Ma la realtà è diversa, ed è anche bella così».
Il futuro?
«Continuare a costruire un terreno fertile per studenti e professionisti. Ho tante idee e progetti che vorrei realizzare, e, in EY, ho trovato il posto giusto per poterlo fare. È un ambiente che valorizza il talento e il potenziale personale in modo da personalizzare la carriera e trasformare le proprie idee in realtà. Il mio obiettivo è restare nel solco che sto percorrendo oggi, ma allargandone sempre più i confini: non limitarmi all’audit, ma portare valore ovunque nelle organizzazioni in cui lavoro».
E il consiglio per i leader di domani?
«Cercate, con curiosità e senza fretta, una figura da cui imparare. Un mentor non è solo qualcuno con più esperienza, ma una guida che può ispirarvi, darvi una prospettiva diversa e accompagnarvi nei momenti di crescita. Il mio, ancora oggi, è una fonte quotidiana di stimolo e riflessione. E poi, non dimenticatelo mai: chi è davvero determinato, ce la fa. Hard work always pays off — non è solo un motto, è un approccio alla vita che, con costanza e passione, porta lontano».