Parlare di salute mentale oggi non è più un’opzione ma una responsabilità collettiva; da questa consapevolezza ha preso vita un incontro capace di unire scienza, esperienza e umanità. Tre voci autorevoli hanno guidato un confronto profondo su un tema che tocca trasversalmente tutte le generazioni: il benessere psico-fisico che, nonostante venga spesso ignorato e stigmatizzato, è centrale nella formazione e pratica medica. Attraverso sguardi diversi, è emersa una riflessione viva su quanto il ritmo della mente, la qualità del sonno e la relazione con l’altro siano oggi strumenti imprescindibili di cura.
Il 12 Maggio 2025 abbiamo avuto l’onore di ospitare la Prof.ssa Colombo — Primario di Psichiatria all’IRCCS Ospedale San Raffaele e Presidente del Corso di Psichiatria presso l’Università Vita-Salute San Raffaele — la Dott.ssa Castronovo — Psicologa Ordinaria all’IRCCS San Raffaele — e il Prof. Pennestrì — Dottore di ricerca in Filosofia e Scienze della Mente, attualmente docente all’IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio e Università Vita-Salute San Raffaele. Grazie a loro, abbiamo avuto la possibilità di esplorare e comprendere maggiormente diverse dimensioni della mente umana unendo prospettive cliniche, neuroscientifiche e filosofiche.
Questo incontro ha segnato il primo passo pubblico di MedNova, la nuova commissione culturale studentesca di Astra San Raffaele, che si è occupata di organizzare l’intero evento. MedNova è stata fondata da Eleonora Pazzali, studentessa del primo anno dell’IMD Program con l’obiettivo di diffondere le più recenti scoperte scientifiche promuovere una cultura della medicina accessibile, consapevole e partecipata. Le attività svolte non si rivolgono solo agli studenti del nostro ateneo, ma anche a chiunque desideri avvicinarsi al mondo della cultura con curiosità e passione, in quanto sia MedNova che gli studenti del San Raffaele credono che la conoscenza non debba essere un privilegio, ma un bene comune.
La prima ospite ad aver preso parola è stata la professoressa Colombo che ha trattato il tema della depressione, una delle malattie mentali più diffuse al mondo, che ad oggi affligge più di 264 milioni di persone. È risaputo che questa condizione psichiatrica troppo spesso porta a compiere l’estremo gesto del suicidio, che rappresenta la seconda causa di morte tra i giovani dai 15 ai 29 anni dopo gli incidenti stradali (all’incirca 800.000 persone all’anno si tolgono la vita). Bisogna dunque capire da dove nasca una problematica di questa portata ed è qui che viene introdotto il concetto di orologio biologico. Non si tratta semplicemente di un ritmo fisiologico di 24 ore, ma di una struttura cerebrale situata nel nostro ipotalamo che è rimasta talmente radicata durante l’evoluzione che la ritroviamo in tutte le specie, il che ne denota l’estrema importanza. Parlando di orologio biologico ci si riferisce al nucleo soprachiasmatico, un conglomerato di neuroni dediti a scandire il ritmo biologico circadiano, in particolare il ritmo sonno-veglia e che è sincronizzato all’ambiente tramite l’esposizione a stimoli esterni tra cui luce, temperatura, alimentazione e socializzazione.
Queste premesse sono necessarie per poter comprendere quanto sia indissolubile il legame tra malattie psichiatriche e disturbi del ritmo circadiano. Nella mente di un paziente che soffre di depressione il tempo si cristallizza e in certi casi anche il corpo.
La Prof.ssa Colombo si occupa anche di interventi non farmacologici per il trattamento di questo disturbo mentale. Spesso si sfrutta il potere terapeutico della luce che, stimolando il nucleo soprachiasmatico, regola il ritmo sonno-veglia. Questo fattore è così potente che, oggigiorno, quando si costruiscono gli ospedali viene tenuta in considerazione l’esposizione alla luce solare, capace di accelerare i tempi di guarigione. Nonostante ciò, non tutte le luci hanno un effetto terapeutico, difatti le luci blu emanate dagli schermi dei dispositivi elettronici possono andare a ridurre la produzione di melatonina se utilizzati in orari notturni, disturbando il sonno. Le categorie a rischio sono bambini e adolescenti, ovvero coloro che spesso abusano di questi strumenti tecnologici. Proprio in questi casi nasce la necessità di sensibilizzare le persone su quella che è stata definita dalla dottoressa Castronovo “una corretta igiene del sonno”.
Dormire correttamente ha un enorme potere rigenerativo sia fisico che mentale. Ad oggi, per trattare insonnia e altri disturbi del sonno si predilige applicare una terapia di tipo cognitivo-comportamentale piuttosto che l’utilizzo di farmaci. Questo tipo di approccio rieduca il paziente su comportamenti e pensieri che potrebbero mettere a rischio un buon riposo. È importante sottolineare che passare tanto tempo a letto da svegli porta il cervello ad associare il letto alla veglia; pertanto il legame letto-sonno è imperativo per un sano ritmo circadiano.
Il Professor Pennestrì ha concluso, condividendo con noi la propria personale esperienza di un incidente stradale che lo ha condotto ad affrontare un radicale cambiamento della sua vita. Nel 2012, a Como, un incidente in moto gli ha causato gravi lesioni alla testa ed al volto. Il Professore ha voluto narrare la sua storia iniziando con l’espressione: “questo è come sono tornato in vita dopo l’incidente”. Dal momento in cui ha riaperto gli occhi nel reparto di rianimazione dell’ospedale, la sua vita è stata completamente capovolta: sperimentando in prima linea l’essere paziente.
Nell’intervista, il Professor Pennestrì risponde ad una domanda importante per gli aspiranti medici: “La sua esperienza come degente ha cambiato il modo in cui vede la relazione medico-paziente?” “Si”. In un momento di estrema vulnerabilità, il modo in cui i professionisti sanitari si sono espressi nei suoi confronti, ha fatto tutta la differenza. Ci ha spiegato, in particolare, come due episodi gli abbiano fatto comprendere quanto il modo in cui si comunica—anche senza la possibilità di parlare—possa influenzare il percorso di guarigione.
“Un infermiere è entrato nella mia stanza e, senza considerarmi, ha iniziato a farmi qualcosa al viso. […] Non potendo parlare, mi sono agitato; volevo chiedergli cosa stesse facendo, ma invece di rassicurarmi, mi ha detto di stare fermo. Alla fine mi ha passato un block-notes e sono riuscito a chiederglielo. […] Mi ha risposto che tanto non avrei potuto fare niente.” Questa esperienza, è stata profondamente disarmante per il suo stato mentale, già confusionale. In contrasto, ci racconta di un altro episodio che lo ha portato alla realizzazione della situazione in cui si trovava. “L’infermiere con una semplice domanda, “Ciao Federico, come stai?”, pur non essendo in grado di rispondere, lo ha aiutato a sentirsi una persona oltre che un paziente.
La testimonianza del Professor Pennestrì è stata un potente richiamo alla dimensione umana della medicina. Il suo racconto ha offerto uno sguardo raro e profondamente personale sulla prospettiva del paziente tramite l’esperienza vera e sincera del suo lato umano. Le sue riflessioni hanno reso evidente che sono spesso i gesti più piccoli —un nome, una parola gentile, un momento di empatia— a lasciare l’impronta più profonda. Il suo intervento ha messo in luce non solo la fragilità dell’esperienza del ricovero, ma anche la grande responsabilità e l’opportunità che si ha, in quanto medici, di offrire una cura che guarisca sia il corpo che la mente.
L’incontro promosso da MedNova ha rappresentato molto più di un semplice evento accademico: è stato un viaggio autentico dentro le profondità della mente umana, guidato da tre prospettive diverse ma unite da un unico intento: riportare al centro della medicina la dimensione umana. Dalla riflessione sul ritmo biologico e sull’importanza della luce naturale, alla forza trasformativa del sonno e delle terapie non farmacologiche, fino alla testimonianza toccante del Professor Pennestrì, ogni intervento ha mostrato come la cura non si esaurisca nel trattamento della malattia, ma inizi dal riconoscimento della persona. Le parole, i gesti, l’ascolto e la consapevolezza del “perché” sono strumenti fondamentali, tanto quanto un farmaco o una diagnosi. È proprio in questa tensione continua tra scienza, esperienza ed esistenza che si trova la vera essenza dell’essere medico, ma anche dell’essere umano. E se è vero che non tutte le domande trovano risposta, è altrettanto vero che porle resta il primo, insostituibile atto di cura.