Nel panorama della transizione digitale europea, in Italia, modernizzare la Pubblica Amministrazione rappresenta una delle sfide più importanti e articolate. Con l’approvazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), l’Italia ha avviato una trasformazione, investendo risorse significative nella digitalizzazione della PA. A solo un anno dalla scadenza del Piano, prevista per il 2026, è tempo di interrogarsi: quanto siamo vicini ad una PA realmente digitale? La risposta passa attraverso un’analisi dei traguardi raggiunti, delle criticità ancora presenti e delle prospettive future per un settore che, se trasformato con successo, può diventare stimolo di competitività, inclusione e fiducia istituzionale.
Quadro normativo e strategico
La Missione 1 – Componente 1 del PNRR è dedicata alla “Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA”. L’obiettivo è chiaro: costruire un’infrastruttura pubblica moderna e interoperabile, in grado di offrire servizi digitali semplici, sicuri e integrati. Il totale destinato alla Missione ammonta a 41,34 Mld – ovvero il 21,26% del PNRR (fonte: italiadomani.gov.it – PNRR).
Le priorità strategiche si articolano in quattro aree: migrazione al cloud per oltre 15.000 enti pubblici, supportata da incentivi e linee guida tecniche, con l’obiettivo di creare un’infrastruttura nazionale sicura; cybersecurity, con il potenziamento dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN), per proteggere dati sensibili e garantire resilienza ai sistemi pubblici; interoperabilità, attraverso la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), che consente la condivisione e il riutilizzo sicuro dei dati tra enti; digitalizzazione dei servizi, per migliorare il rapporto quotidiano tra cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni – come SPID, CIE, pagoPA e l’app IO, che oggi contano milioni di utenti attivi.
Il piano coinvolge oltre 22.000 amministrazioni pubbliche, dai Ministeri centrali ai Comuni più piccoli, con tempistiche stringenti e obiettivi definiti dall’Unione Europea nel Digital Compass 2030.
Risultati raggiunti
Secondo i dati più recenti (fonte: Italia Domani e AgID), entro il primo semestre 2025:
• Oltre il 70% dei Comuni ha avviato la migrazione al cloud.
• Più di 9.000 enti sono già integrati nella PDND.
• I servizi digitali accessibili tramite SPID e CIE coprono oltre l’85% dei procedimenti amministrativi più richiesti. • L’app IO ha superato i 35 milioni di download, diventando un canale privilegiato per la comunicazione pubblica.
Tra i casi virtuosi spiccano città come Bologna, Trento e Milano, che hanno completato in anticipo i traguardi previsti, integrando portali completamente digitali e sistemi di prenotazione automatica.
Criticità ancora presenti
Nonostante i risultati raggiunti, la trasformazione digitale della PA italiana continua a presentare punti critici. In alcune Regioni del Sud si registrano ritardi sia nell’erogazione dei fondi sia nella messa a terra operativa dei progetti, spesso per carenze organizzative o capacità amministrativa limitata. Nei piccoli comuni, questa incapacità rischia di bloccare la completa transizione al digitale. Quindi oltre i temi fondamentali della tutela della privacy e accessibilità dei servizi, le criticità maggiori si riscontrano nel bias culturale e organizzativo che separa le amministrazioni più avanzate da quelle in ritardo. Il superamento di queste differenze richiede investimenti mirati, assistenza tecnica e change management
Prospettiva futura
Le scadenze decisive sono fissate per giugno e dicembre 2026, quando l’Italia dovrà dimostrare di aver centrato gli obiettivi vincolanti necessari a ricevere le ultime tranche dei fondi europei. Nonostante i rischi di rallentamento, la crescente collaborazione tra Governo, Regioni ed enti locali sta contribuendo ad accelerare l’attuazione degli interventi. In questa fase finale, il ruolo dell’AgID, del Dipartimento per la trasformazione digitale e dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN) sarà determinante per coordinare gli sforzi e assicurare che i progetti avviati siano sostenibili e duraturi.
Guardando oltre il 2026, la vera sfida sarà trasformare questa spinta in un cambiamento stabile: non un’iniziativa legata unicamente al PNRR, ma un modello strutturale e continuo di innovazione per una PA realmente al servizio dei cittadini e del Paese.
Conclusione
La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione italiana è più di una riforma tecnica: è una scommessa politica, economica e sociale. I risultati del PNRR al 2025 mostrano progressi reali, ma anche diverse fragilità. La scadenza del 2026 impone scelte rapide e coraggiose.
Se ben completato, questo percorso potrà restituire ai cittadini una PA più trasparente, veloce, accessibile. Una PA finalmente all’altezza di un Paese che vuole competere nel mondo globale non solo con la sua industria, ma anche con la qualità del suo Stato.