Ogni mossa conta, ogni scelta lascia traccia


Vi sono più sequenze possibili negli scacchi che atomi nell’universo osservabile. 

Sembrerà incredibile, ma le combinazioni possibili di mosse in una partita rasenterebbero i  10¹²⁰ (il cosiddetto Shannon Number, stimato da Claude Shannon nel 1950), laddove gli  atomi nell’universo osservabile si stimano intorno a 10⁸⁰.  

Ogni partita diviene così una costellazione di complessità, decisioni e strategie. 

Bobby Fisher, uno dei più grandi scacchisti della storia, dichiarava in una celebre intervista  del 71’ che il piacere più grande che il gioco gli procurava fosse quello di vedere l’Ego del  proprio avversario sgretolarsi.  

Vi sono tuttavia benefici che trascendono la semplice sfida all’avversario, che concernono  miglioramenti concreti nelle capacità cognitive, nella gestione dello stress e nella  neuroplasticità. 

Espansione spaziale

Uno studio su esperti scacchisti cinesi condotto dal Huaxi MR Research Center (2020) ha  rilevato che dieci regioni della corteccia celebrale sono più sottili, e dunque più  performanti, rispetto ai principianti, includendo zone coinvolte in elaborazione visiva,  attenzione, memoria di lavoro ed episodica, e immaginazione. Tre di queste regioni  mostrano una maggiore connettività funzionale con aree cerebrali distanti, indicando una  riorganizzazione efficiente delle reti neurali. 

La pratica intensiva porterebbe dunque ad un potenziamento a lungo termine,  neurogenesi e rimodellamento di componenti cellulari e vascolari, producendo una  riorganizzazione strutturale e funzionale del cervello. 

Ciò che contraddistingue il grande giocatore non è la profondità d’analisi (mediamente 3,5  mosse in avanti), ma una percezione superiore, che gli permette di identificare e reagire a  pattern complessi in maniera più efficace. 

L’impatto benefico si osserva non solo nelle aree strettamente legate agli scacchi, come il  network visuo-attentivo o le funzioni esecutive frontali, ma sul funzionamento cerebrale  globale, a diverse scale spaziali e temporali. 

Gli scacchi stimolano anche le abilità cognitive avanzate: 

• Simulazione delle mosse migliori a partire da un “serbatoio” di schemi (chunks) • Pianificazione di azioni future 

• Percezione visuo-spaziale 

• Memoria di lavoro e problem solving 

• Giudizio e decision making 

• Selezione di schemi acquisiti in precedenza 

Secondo una revisione sistemica del 2019 (Lillo‑Crespo et al., International Journal of  Environmental Research and Public Health), la pratica degli scacchi è poi associata a una riduzione del rischio di Alzheimer e demenza fino al 33% e a un ritardo nell’insorgenza  della malattia di circa 1,3 anni. 

Non è solo una questione di età avanzata: l’esser stati buoni giocatori di scacchi in  giovane età sembra avere un effetto protettivo, contenendo l’accumulo di proteina amiloide  nel cervello. Persino nelle prime fasi della demenza, gli scacchi possono essere proposti  come terapia adiuvante per stimolare le funzioni cognitive residue. 

Fisiologia della scelta 

Non è un caso se in età più antiche si richiedeva che i giovani eredi al trono  apprendessero le virtù strategiche e simboliche di quelle 64 caselle. 

Gli scacchi non favoriscono solo lo sviluppo del pensiero logico-matematico, permettono  anche un significativo miglioramento dell’autocontrollo, gestione dello stress e capacità  decisionale sotto pressione. 

Uno studio del 2019 – Psychophysiological stress response of adolescent chess players –  ha analizzato le risposte psicofisiologiche di 13 adolescenti durante la risoluzione di  problemi complessi. I risultati hanno mostrato riduzione della variabilità della frequenza  cardiaca e aumento dello spettro di potenza theta dell’EEG, segno che, sotto stress, i  giocatori riescono ad adoperare risorse cognitive superiori e mantenere lucidità senza  cedere all’impulsività. 

La regolazione emotiva diventa fondamentale anche e soprattutto nel gioco competitivo: i  giocatori devono bilanciare accuratezza e velocità decisionale, evitando la tentazione di  mosse immediate e superficiali. Innumerevoli variabili possono portare a sacrificare pezzi  in virtù di strategie fallaci: l’orgoglio, il desiderio di prevalere o di rivalersi. 

La pressione temporale genera poi risposte fisiologiche simili a quelle di altre performance  ad alto stress, con aumento di frequenza cardiaca e tensione muscolare.

Strategie reali 

Negli scacchi, come nella vita professionale, ogni mossa comunica e condiziona.  

Il gioco diviene così una simulazione di contesti complessi, dove anticipare le mosse degli  altri è fondamentale. La Teoria dei Giochi, formalizzata da von Neumann e Morgenstern,  offre un linguaggio per interpretare queste dinamiche e trasforma gli scacchi in studio di  decision-making strategico. 

L’equilibrio di Nash insegna come in un contesto competitivo ogni giocatore raggiunge un  equilibrio per il quale nessuno può migliorare la propria posizione derogando dalla  strategia scelta. Per il mondo reale, si pensi ad una negoziazione, ogni stakeholder  ottimizza la propria posizione considerando le possibili mosse degli altri, senza sprecare  risorse o energie in azioni inefficaci. 

Negli scacchi questa stessa logica trova un parallelo diretto nella Patta, la situazione per la  quale nessuno dei due giocatori può avanzare senza peggiorare la propria posizione. In 

pratica, entrambe le parti hanno trovato un equilibrio strategico: ogni mossa rischierebbe  di inficiare il proprio vantaggio, e la partita si conclude senza vincitori né vinti. La Patta  rappresenta un equilibrio di Nash perfetto sul piano pratico: nessuno può migliorare la  propria posizione senza compromettere la stabilità del proprio risultato. 

Traslata al mondo reale, questa dinamica risulta evidente nelle negoziazioni, negli scenari  di business competitivi o nelle strategie politiche: ogni stakeholder valuta attentamente le  posizioni altrui e adotta di conseguenza decisioni che massimizzino i benefici, senza  sprecare risorse o energie in azioni inefficaci. 

Sacrificare un pezzo poi, non è e non deve esser mai un gesto impulsivo: è una scelta  calcolata, finalizzata a ottenere un vantaggio futuro. Allo stesso modo, un leader  consapevole sa che alcune rinunce possono generare benefici futuri, e che la vera  efficacia deriva dalla capacità di valutare con lucidità il valore delle risorse e delle  opportunità disponibili. 

La pratica costante del gioco sviluppa inoltre adattabilità strategica: i giocatori sviluppano  continuamente strategie di breve termine per poi adattarle in base al piano d’azione che si  ritiene l’avversario abbia a sua volta adottato, ed imparano a gestire l’incertezza. Queste  stesse abilità – flessibilità, previsione e pensiero analitico – sono essenziali per chi guida  team o intere organizzazioni in contesti complessi. 

Per un giovane professionista, così come lo erano per giovani principi, gli scacchi  trascendono il mero divertissement: divengono laboratorio di equilibrio, visione strategica e  decisione ponderata, dove ogni mossa – in un universo di possibilità – educa la mente a  navigare con lucidità e consapevolezza nei complessi scenari del mondo competitivo.

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