Armani e Del Vecchio: la lezione alle nuove generazioni


“Di lui ammiravo il modo diretto di comunicare, la concretezza, l’apertura sempre calcolata al nuovo e al rischio: ci somigliavamo molto. Abbiamo fatto impresa nello stesso modo: sognando, ma con i piedi ben piantati per terra.”

Così Giorgio Armani ricordava Leonardo Del Vecchio nel giorno del novantesimo compleanno del fondatore di Luxottica.

Due figure che hanno segnato la storia dell’imprenditoria italiana, diverse nello stile ma accomunate da una convinzione: l’impresa non può vivere di mode passeggere, ma deve fondarsi sulla qualità. Non solo quella del prodotto, ma anche quella delle relazioni interne, dell’organizzazione e della coerenza tra visione e azione.

Eppure, i due hanno incarnato modelli di governance opposti. Armani è rimasto il padre-padrone del proprio marchio, accentrando in sé i ruoli di azionista unico, presidente e amministratore delegato. Del Vecchio, al contrario, scelse di separare proprietà e gestione, portando Luxottica a quotarsi a Wall Street nel 1990 e, dieci anni dopo anche alla Borsa di Milano.

La qualità come strategia

Per entrambi la qualità è stata il vero collante delle aziende. Armani ha costruito un impero da oltre 2 miliardi di ricavi annui e più di 2.000 negozi nel mondo difendendo la propria identità estetica e rifiutando scorciatoie produttive. Ogni dettaglio, dal taglio di un abito all’esperienza in boutique, è stato concepito come parte integrante della promessa di qualità.

Del Vecchio, con Luxottica, poi fusa in EssilorLuxottica, ha edificato un gigante da oltre 25 miliardi di fatturato, controllando verticalmente oltre il 90% della produzione per garantire standard costanti in ogni fase: dal design alla distribuzione retail. La sua intuizione fu che la qualità non nasce dal marketing, ma dalla capacità di presidiare l’intera filiera.

Come ha ricordato Armani ricevendo la laurea honoris causa a Piacenza nel 2023: «L’impegno, la dedizione e il rigore: i valori che ho seminato in famiglia, gli stessi che raccomando sempre di seguire, per dare forma a ciò in cui si crede. Ancora di più oggi che si moltiplicano i successi effimeri, perché quel che richiede impegno, invece, dura.» Una dichiarazione che ben riassume la filosofia condivisa da entrambi.

In queste parole si ritrovano le fondamenta del “Made in Italy”, un modo unico di concepire, lavorare e rifinire il prodotto che continua a distinguere il nostro Paese nel mondo. Il marchio del “fatto in Italia” resta ancora oggi uno degli asset più preziosi per il Belpaese, ed è su questo patrimonio che occorre continuare a investire con lungimiranza. Se da un lato le sfide globali sembrano spingere verso modelli d’impresa sempre più rapidi e standardizzati, dall’altro Del Vecchio e Armani ci ricordano che la vera differenza non sta solamente nella velocità, ma è necessaria la capacità di unire competenza, passione e cura: quell’ingrediente intangibile che solo un certo modo di lavorare può trasmettere e che rende durevole il valore di un prodotto.

Le persone al centro

La loro idea di qualità non si esauriva nel prodotto, ma si estendeva alla vita di chi contribuiva a costruirlo ogni giorno. Del Vecchio fu tra i primi imprenditori italiani a introdurre un welfare aziendale moderno: trasporti gratuiti, feste aziendali, programmi di vacanze studio e sostegno alle rette scolastiche destinati ai figli dei dipendenti, oltre a bonus spesa. Nel 2015, per il suo ottantesimo compleanno, regalò ai collaboratori 140.000 azioni Luxottica, per un valore complessivo di 9 milioni di euro. Un gesto simbolico che sintetizzava la sua idea di impresa come comunità, non semplice macchina di produzione.

Armani, con un approccio diverso, non strutturò un welfare formale ma pose sempre al centro l’etica del lavoro. Per lui, la crescita di un’azienda passava dalla creazione di un ambiente in cui le persone potessero sentirsi parte di un progetto condiviso. Non a caso, nell’ultimo saluto al re della moda, molti dipendenti lo hanno ricordato come un uomo che aveva fatto crescere l’azienda con pazienza, dedizione e rispetto, trasformandola in una sorta di famiglia.

Le scelte legate al welfare aziendale rappresentano decisioni strategiche capaci di trasformare in profondità il rapporto tra lavoratori e impresa, generando un miglioramento concreto delle condizioni lavorative anche per il personale meno fidelizzato. Come ricordava Dario Di Vico sul Corriere della Sera parlando di welfare e Luxottica: «Certo è che tutto ciò avviene non nel contesto di un’economia novecentesca, ma dentro la più spietata competizione globale che il capitalismo abbia finora conosciuto.» Una riflessione che evidenzia con chiarezza la sfida dei grandi colossi contemporanei: muoversi in un costante trade-off tra riduzione dei costi e valorizzazione del lavoro, cercando un equilibrio che non tradisca né la sostenibilità economica né la centralità della persona.

Lo sguardo sui giovani

Se la qualità era la struttura e il welfare il cuore dell’impresa, il ponte verso il futuro è stata l’attenzione riservata alle nuove generazioni. Armani ha sempre guardato ai giovani con curiosità e rispetto, vedendoli non solo come semplici apprendisti, ma portatori di energie e visioni capaci di rinnovare il lavoro e arricchirlo di prospettive nuove. Non a caso, nel suo percorso si è spesso circondato di collaboratori giovani, convinto che lo scambio tra generazioni fosse parte integrante della stessa idea di qualità: un valore che si rinnova solo se capace di integrare spunti innovativi e nuove sensibilità.

Del Vecchio rese questa visione tangibile con strumenti concreti. La “Luxottica Academy” nacque per formare talenti interni e prepararli a ruoli di responsabilità, mentre il “Patto generazionale” permise ai veterani a fine carriera di ridurre l’orario lavorativo senza intaccare la pensione, liberando spazi per l’assunzione a tempo indeterminato di giovani. Un’idea che anticipava di anni il dibattito sul ricambio generazionale nel lavoro.

Forse entrambi avevano intuito ciò che ancora oggi rimane complesso: il ruolo dei giovani all’interno delle imprese. Non solo risorse da formare, ma veri portatori di innovazione, capaci di rinnovare modelli consolidati e di aprire nuove prospettive. La loro visione non offre soluzioni definitive, ma suggerisce una direzione chiara: creare un dialogo tra generazioni, in cui esperienza e freschezza possano alimentarsi a vicenda.

Luxottica prosegue nel consolidare il dialogo intergenerazionale, promuovendo progetti di alto impatto formativo e professionale. Tra questi, il Business Game in ambito Finance, organizzato lo scorso 24 settembre a Milano, ha visto la partecipazione di studenti provenienti da diversi atenei italiani, parte del network Forbes Next Leaders. L’iniziativa ha consentito ai giovani di entrare in contatto diretto con la quotidianità aziendale, affrontando in gruppo sfide concrete e applicando conoscenze e strumenti del corporate finance. Essilorluxottica diviene quindi hub di sperimentazione ed innovazione, trasformando così un’esperienza di formazione in un’opportunità professionale di valore.

Attività di questo tipo affrontano una delle sfide più grandi per il nostro Paese: avvicinare sempre di più il sistema educativo e quello lavorativo, due mondi che troppo spesso viaggiano su binari paralleli senza incontrarsi. Attraverso momenti di confronto come i Business Game, le aziende leader possono trasmettere conoscenze, best practices e cultura aziendale, contribuendo a far crescere i ragazzi non solo sul piano tecnico ma anche su quello personale. Allo stesso tempo, l’impresa (e in particolare l’area HR) ha la possibilità di entrare in contatto con giovani di grande talento, capaci di distinguersi e mettersi in gioco in sfide complesse, portando freschezza e nuove prospettive all’interno dell’organizzazione.

L’eredità

In questo equilibrio, e sulla visione dei giovani, sta forse il lascito più prezioso dei due imprenditori. Armani e Del Vecchio hanno dimostrato che l’intuizione di un singolo, se coltivata con coerenza e visione, può trasformarsi in cultura aziendale. 

La loro eredità non è fatta solo di numeri, ma di un’idea di impresa capace di superare i confini del presente. E continuare a ispirare. Ancora.

Due storie diverse, due modelli opposti, un insegnamento unico.

Armani e Del Vecchio non hanno lasciato solo aziende solide e marchi riconosciuti in tutto il mondo. Hanno lasciato un esempio: che rigore e visione, qualità e attenzione alle persone possano convivere in un’unica idea d’impresa. Un esempio da cui le nuove generazioni di imprenditori possono ancora attingere, imparando, ma allo stesso tempo arricchendolo con la propria visione.

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