«Circondatevi di persone che stimate e siate ambiziosi», i consigli di GuidoAldera, Co-Founder di Vivavio Ventures, per aprire una startup


In questa intervista, Guido Aldera, Co-Founder di Vivaio Ventures, ripercorre il suo percorso personale e professionale, tra esperienze internazionali, scelte imprenditoriali coraggiose e una visione chiara sul futuro del lavoro. Dalle sfide più inaspettate affrontate come founder, alle complessità di lanciare un progetto innovativo in Italia, Guido racconta cosa significa costruire un’azienda da zero, quale impatto ha avuto la formazione universitaria sul suo approccio e quali sono, secondo lui, le qualità davvero necessarie per guidare una startup. Uno spunto prezioso anche per chi, oggi, si affaccia per la prima volta al mondo del lavoro come founder o come studente.

In che modo l’esperienza di studio sia in Italia che all’estero ha influenzato il tuo approccio al lavoro?

«Spesso sento altri founder sminuire l’importanza del percorso accademico, della laurea specialistica o di un master, come se fossero fasi superflue della vita. Io invece sono assolutamente in disaccordo. Le mie esperienze di studio, sia in Italia che all’estero, sono state fondamentali per coltivare la curiosità che spesso nasce proprio dall’esposizione a contesti, settori e persone molto diversi tra loro. Studiare ti permette di entrare in contatto con persone ambiziose, provenienti da background differenti e destinate a percorsi professionali molto vari. Questo arricchisce enormemente la tua visione del mondo e apre a numerose opportunità, sia a livello professionale che personale. 

Nel mondo del lavoro, viene spesso richiesta una specializzazione. L’università, invece, è uno dei pochi momenti in cui puoi permetterti di essere generalista, di esplorare e di seguire la tua curiosità soprattutto se hai la fortuna di farlo in un contesto internazionale». 

Qual è stata una delle sfide più inaspettate che hai affrontato nel tuo percorso da founder?

«Direi senza dubbio i primi sei/dodici mesi. È quella fase iniziale in cui stai ancora imparando a fare l’imprenditore e, allo stesso tempo, le persone intorno a te faticano a capire davvero cosa stai cercando di costruire. In parte perché tu stesso stai ancora imparando a raccontarlo nel modo giusto, in parte perché chi ti è vicino è spesso preoccupato e non sempre ha il coraggio di dirtelo apertamente. Diciamolo chiaramente: molti pensano semplicemente che tu stia facendo una cavolata.

E quando non hai ancora risultati concreti, ogni piccolo traguardo richiede uno sforzo enorme, e il ritorno sull’investimento di tempo e risorse sembra sempre troppo limitato. Ho avuto la fortuna di lanciarmi in questa avventura con Edoardo e Davide, due amici di una vita con cui ho condiviso gran parte del mio percorso, dalle scuole medie agli studi universitari. Avere accanto persone che stimi e con cui hai un legame profondo aiuta a restare lucido, motivato e ottimista su ciò che si sta costruendo».

Quali sono, secondo lei, le principali difficoltà nel lanciare qualcosa di completamente nuovo in Italia?

«Avversione al rischio, scarsità di capitali, paura del fallimento, mancanza di un’attitudine a pensare in grande. A tutto questo si aggiungono, ovviamente, la burocrazia e una regolamentazione ostacolo lo sviluppo delle imprese. 

Detto questo, dire che “in Italia è impossibile” è una bugia. E francamente, è anche una narrativa stancante e noiosa. Esistono realtà che stanno davvero facendo la differenza, soprattutto nelle fasi iniziali: noi stessi siamo entrati in B4i – Bocconi for Innovation, inizialmente con qualche titubanza (errore che oggi riconosciamo), e ci ha dato un supporto concreto. E penso anche a Endeavor, che accompagna le imprese nelle fasi successive di crescita e dove ho avuto la fortuna di lavorare».

Quali qualità ritieni fondamentali per essere un founder nel contesto di una startup?

«Ambizione e soddisfazione personale legate al raggiungimento di un obiettivo, non a un titolo; apertura al feedback; capacità di distinguere i consigli utili da quelli meno rilevanti; una certa dose di impulsività; la capacità di riconoscere gli errori; saper scegliere le persone. Chi ha saputo descrivere al meglio la figura dell’imprenditore è Schumpeter, che scriveva: la funzione imprenditoriale non è motivata dalla ricerca del profitto, ma dalla volontà di conquistare e dalla gioia di creare».

Avendo vissuto in contesti diversi e internazionali, che consiglio daresti oggi a uno studente che si affaccia per la prima volta al mondo del lavoro?

«Approfitta di tutte le opportunità di fare exchange o Erasmus e scegli università di qualità, non per il prestigio del titolo, ma perché incontrerai persone ambiziose e stimolanti. Sfrutta le summer internship e, se possibile, prenditi un anno tra bachelor e master per fare 2-3 stage diversi: uno in una grande azienda corporate, uno in una startup, uno in finanza, consulenza o in un settore ancora differente. Non concentrarti sul compenso, ma sulla visibilità e l’esperienza che potrai acquisire. Prenditi il tempo necessario per trovare il ruolo giusto e considera di trascorrere almeno un paio d’anni all’estero. E anche se il tuo obiettivo è diventare imprenditore, concediti il tempo di lavorare qualche anno in realtà strutturate: per noi è stato fondamentale».

Dalle parole di Guido Aldera emerge una visione lucida e concreta del fare impresa oggi: costruire qualcosa di nuovo significa prima di tutto saper gestire l’incertezza, trovare equilibrio tra ambizione e ascolto ed anche tra visione e operatività. Per Guido Aldera essere founder non è mai stato un atto solitario, ma un percorso condiviso fatto di studio, sperimentazione, fallimenti e piccoli traguardi quotidiani.  È questo mix di consapevolezza e impulso creativo a definire non solo il suo approccio al lavoro, ma anche l’identità di Vivaio Ventures: una realtà giovane, ambiziosa e determinata, nata per trasformare idee in valore.

© RIPRODUZIONE RISERVATA