Nel mercato globale guidato dall’economia della reputazione, la differenza fra talento e leadership si misura nella capacità di trasformare competenze intangibili – creatività, relazioni e storytelling personale e non – in valore concreto. L’Università Cattolica del Sacro Cuore, forte di un ecosistema che combina rigore accademico, project work con multinazionali, sessioni di mentoring e un associazionismo studentesco che allena alla leadership collaborativa, trasforma queste esperienze in un vero talent accelerator. Il risultato è un capitale professionale poliedrico, pronto a muoversi con disinvoltura dagli uffici della consulenza strategica ai palcoscenici istituzionali.
Dalla teoria alla pratica: le competenze che perdurano nel tempo.
Quando varchi l’ingresso dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ti accorgi subito che l’apprendimento non si esaurisce nei confini dell’aula. Le lezioni di economia, comunicazione e management sono il punto di partenza, ma il vero differenziale sta nel modo in cui vengono metabolizzate: si impara a discutere un problema senza farsene intimidire, a sintetizzare un’idea complessa in poche righe persuasive ed a collaborare con persone che guardano lo stesso tema da angolazioni diverse.
Nel tempo questa ginnastica intellettuale forgia un mix di competenze che vale più del voto stampata sulla laurea: pensiero critico per separare i fatti dalle opinioni, comunicazione chiara per farsi capire alla prima interazione, spirito di squadra per trasformare le divergenze in soluzioni, apertura al cambiamento per non restare ancorati a un’unica traiettoria professionale. È un bagaglio che resiste ai mutamenti del mercato: i ruoli cambiano, le tecnologie evolvono, ma la capacità di ragionare, spiegare, negoziare e reinventarsi rimane.
Così succede che un percorso nato tra i chiostri dell’ateneo milanese possa sfociare nei contesti più disparati: dall’innovazione di prodotto in un’azienda hi-tech alla guida di un progetto culturale, fino – perché no – a un seggio parlamentare. Non perché l’università promuova un’unica strada, ma perché fornisce gli strumenti per costruirne molte, adattandole alle esigenze di ciascuno e alle sfide che verranno.
Intervista a Grazia Di Maggio: dalla Cattolica alle aule parlamentari
Classe 1994, nata a Taranto e cresciuta a Pisticci, Grazia Di Maggio si trasferisce a Milano nel 2013 per studiare all’Università Cattolica del Sacro Cuore, dove consegue con lode una laurea in Linguaggi dei Media e un secondo titolo in Politiche europee e internazionali.
Giornalista pubblicista dal 2019, abbina la formazione in comunicazione a un profilo professionale maturato tra svariate collaborazioni nel mondo dei media e delle relazioni pubbliche.
Nel 2022 viene eletta alla Camera dei Deputati, diventando la parlamentare più giovane della maggioranza. Oggi siede nelle Commissioni Cultura, Scienza e Istruzione e Politiche dell’Unione europea, dove mette a frutto la sua esperienza in storytelling politico-istituzionale e nell’elaborazione di progetti riguardanti istruzione, giovani e innovazione.
L’intervista:
Lorenzo: Quali valori, appresi durante il suo percorso all’interno dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha incorporato e utilizza oggi nel suo lavoro?
On. Di Maggio: Partire dalla Basilicata a soli 18 anni, con una valigia carica di sogni e poche certezze, è stato il primo grande gesto di fiducia in me stessa. Alla Cattolica, nel cuore di Milano, ho trovato non solo la formazione accademica di cui avevo bisogno, ma soprattutto il coraggio di mettermi in gioco senza mai rinnegare le mie radici. I valori che lì ho respirato – l’importanza della persona, il rispetto per la verità, l’etica prima di tutto – sono oggi il mio bagaglio in politica. Resto fermamente convinta che chi ha l’onore di servire le istituzioni debba custodire integrità e coerenza, e difendere senza compromessi ciò in cui crede, nel mio caso, i principi non negoziabili: la centralità della famiglia, la libertà educativa, la dignità di ogni vita.
Lorenzo: Quali connessioni costruite nel campus di Largo Gemelli hanno inciso di più sul Suo percorso, e come continua a coltivarle, per restituire valore alla cittadinanza?
On. Di Maggio: Sarei ingrata se non dicessi che la Cattolica è stata la mia principale palestra di idee e relazioni. Lì ho trovato docenti che non si sono limitati a insegnare, ma mi hanno aperto orizzonti. Ho costruito amicizie che sono diventate una rete solida di confronto. Ancora oggi vivo e lavoro a Milano, sono stata eletta qui e per Milano e la Lombardia do voce alle esigenze di studenti, famiglie, imprenditori e giovani, come me. Ogni settimana a Roma rappresento questa comunità in Parlamento, ma il mio impegno parte e torna sempre a casa. Credo che la politica debba camminare fianco a fianco con chi lavora, studia e sogna. Restituire significa mettersi al servizio, ascoltare, fornire risposte e soluzioni.
Lorenzo: Quali soft skill acquisite in università ritiene fondamentali per guidare l’Italia verso una governance più partecipativa e trasparente?
On. Di Maggio: Ho imparato ad avere il coraggio di difendere le mie idee senza chiudermi al dialogo. Ho allenato il pensiero critico, l’arte di comunicare con chiarezza anche temi complessi e la capacità di mediare tra posizioni diverse. Oggi queste competenze sono essenziali in Parlamento, nello specifico in Commissione Cultura e Politiche Europee, dove ogni parola ha un peso. Se vogliamo un’Italia più partecipativa e una politica più credibile, dobbiamo tornare a dire la verità, anche quando costa. Trasparenza significa comunicare e vivere le proprie scelte senza passi indietro e, se serve, motivarle. La fiducia non si compra, si conquista.
Lorenzo: Nel 2019 era giornalista pubblicista e analista; nel 2022 il salto alla Camera come deputata più giovane della maggioranza. Qual è stato il momento-svolta in cui la passione accademica per la polis è diventata progetto politico concreto?
On. Di Maggio: Sin dai tempi dell’università non mi sono mai accontentata di studiare la politica sui libri: ho scelto di viverla in prima linea. Ho lavorato come giornalista per raccontare la realtà, ma sapevo che non mi sarebbe bastato descriverla: volevo fare la mia parte, difendere valori chiari, dare voce a chi troppo spesso non viene ascoltato. La militanza mi ha insegnato che la buona politica non nasce nei salotti, ma tra la gente, nei quartieri, nelle piazze, nelle sezioni di partito. La svolta è arrivata nel 2021, quando sono stata la più giovane candidata del mio partito alle Comunali di Milano, risultando la prima dei non eletti in una città dove non avevo neanche un parente presente per votarmi. È stato un segnale: nonostante la mia età, c’era chi aveva voglia di affidarmi fiducia e responsabilità. Oggi porto in Parlamento quella stessa determinazione e quella stessa voglia di riscatto che accompagna tanti ragazzi come me: giovani che hanno fatto le valigie a 18 anni per costruirsi un futuro con le proprie forze, senza scorciatoie né scoraggiamenti. A loro devo il mio impegno: per un’Italia che difende la sua identità, la sua cultura, senza compromessi.
Lorenzo: Ha trasformato la sua presenza digitale da semplice attivismo social a piattaforma di civic engagement capace di mobilitare un elettorato giovane. Quali skill di marketing e comunicazione reputa oggi imprescindibili per un parlamentare?
On. Di Maggio: I social sono uno strumento potente, ma da soli non bastano: dietro un post deve esserci un messaggio, dietro un video ci deve essere studio. Queste piattaforme dovrebbero essere uno strumento per comunicare quello che uno fa e per farlo bene credo sia fondamentale essere chiari e accessibili, soprattutto con i più giovani, ma senza semplificare o svendere idee per un like in più. Un parlamentare oggi deve saper comunicare bene, certo, ma prima di tutto deve avere qualcosa di vero da dire e il coraggio di difenderlo, anche quando non è popolare. La politica non si fa con uno smartphone in mano: si fa parlando con la gente, montando un gazebo, spiegando progetti, portando risposte concrete. Per me la differenza è tutta qui: la credibilità non si ottiene con i follower, sarebbe troppo facile, si guadagna mettendoci la faccia, sempre.
Conclusione
Il percorso di Grazia Di Maggio conferma che la leadership istituzionale può essere progettata con lo stesso rigore di un go-to-market plan: definizione di missione (servizio pubblico), audience journey (cittadini come community), strategia di acquisizione, storytelling valorizzato dal pensiero critico (programma politico) ma soprattutto gestione delle relazioni. Il messaggio è chiaro: integrare soft skill, mindset imprenditoriale e network strutturato nei curriculum non è più un plus, ma una condizione d’accesso per formare i decision maker che guideranno – nel business come nelle istituzioni – l’innovazione dei prossimi decenni.