Cadere senza farsi male è possibile? In un periodo storico che esalta le performance, si vive spesso il fallimento come una colpa: sia nelle aule universitarie che nei primi impieghi, si tende a premiare chi sbaglia meno rispetto a chi prova a mettersi in gioco e ad affrontare i propri limiti. Tuttavia esiste un territorio intermedio, poco visibile e prezioso, dove l’errore è una risorsa e non una condanna: quello delle associazioni studentesche. Queste realtà si rivelano dei veri e propri spazi protetti all’interno dei quali l’errore non solo è tollerato ma è necessario. È proprio da qui che nasce il concetto di fallimento sostenibile: una pratica che permette agli studenti di sperimentare e imparare, affrontare responsabilità e prendere decisioni, senza pagarne un prezzo troppo alto. Questo tipo di fallimento è formativo, stimola l’autonomia, l’autoanalisi e l’adattamento.
All’interno delle associazioni gli studenti ricoprono spesso ruoli analoghi a quelli del mondo del lavoro. Un esempio concreto è JETN (Junior Enterprise Trento), che può essere considerata come una sorta di azienda: è guidata da un Presidente e da un Consiglio di Amministrazione, è organizzata in aree di competenza (risorse umane, legale, commerciale, marketing, IT e affari pubblici), ciascuna con a capo un responsabile e un vice. A queste figure si affianca il ruolo dei Project Manager, che si occupano di gestire e organizzare i diversi progetti ed eventi.
Qual è la differenza tra una Junior Enterprise, o in generale un’associazione studentesca, e un’azienda vera e propria? La risposta è nell’assenza di pressione economica e gerarchica che consente di imparare attraverso la pratica. È proprio questo il fulcro dell’esperienza di JETN: il principio del “learning by doing”, ossia la possibilità di imparare qualcosa mentre la si fa. Andare oltre la teoria dei libri ed essere attivamente coinvolti nell’esperienza pratica consente di apprendere in modo più efficace, sperimentando e affrontando le proprie paure anche e soprattutto attraverso l’errore.
In molte culture, come quella anglosassone o scandinava, l’errore è considerato parte integrante del processo di apprendimento; l’Italia, al contrario, fatica ancora ad accettarlo. Ed è in questo contesto che le associazioni studentesche possono fare la differenza, contribuendo a cambiare questa mentalità e offrendo uno spazio protetto tra studio e lavoro.
Nel mondo del lavoro odierno, fatto di ambiguità e continui cambiamenti, è fondamentale che la capacità di mettersi in discussione, di sbagliare e ripartire diventi una competenza chiave. Le associazioni non preparano solo a fare qualcosa, ma soprattutto a sbagliare e fallire bene: la possibilità di commettere errori per analizzarli e trarne insegnamenti è un diritto per cui vale la pena combattere.