Finanziamenti, Start-up, e meritocrazia: esiste un “bandolo della matassa”?


Le start-up sono aziende innovative dall’elevato potenziale che ambiscono allo sviluppo di un modello di business ripetibile, scalabile e nuovo. Proprio per l’innovazione che le caratterizza, si ritrovano ad affrontare delle necessità di finanziamento maggiori e più difficili da soddisfare tramite i canali convenzionali (come banche e istituti finanziari), ed è proprio per questo che il tema dei finanziamenti alle start-up, grazie al successo ottenuto da alcune di queste, è diventato rilevante per le grandi imprese, le istituzioni e anche il mondo accademico.

L’ecosistema del mondo Start-up

La rivoluzione apportata da queste organizzazioni è evidente, non solo dai risultati delle singole aziende, ma anche dall’impulso generativo che ha portato alla nascita di un vero e proprio ecosistema. Il cuore pulsante dello stesso sono ovviamente le start-up, soprattutto nella figura dei founder, i quali però necessitano di operare in simbiosi con molti altri attori che rivestono un ruolo fondamentale: business angels, investitori, incubatori ed acceleratori sono tutte figure che si inseriscono in un momento diverso di espansione dell’azienda e che hanno modus operandi e disponibilità economiche molto diversi. Infatti, le fasi di vita di una start-up sono strettamente collegate alle fasi di finanziamento necessarie per la crescita. All’inizio i fondatori spesso ricorrono al bootstrapping (fondi personali e Family, Friends & Fools) o a un finanziamento pre-seed (raro e difficile da ottenere senza un network) per sviluppare un MVP (Minimum Viable Product) e validare l’idea. In una seconda fase, durante il seed funding, entrano in gioco business angel, piattaforme di crowdfunding e, in alcuni casi, venture capital specializzati in early-stage. Proprio i venture capitalist diventano protagonisti nel cosiddetto round di Serie A. Nelle fasi avanzate, come nel round di Serie B e successivi, il finanziamento varia nella provenienza con l’ingresso in scena di istituzioni finanziarie e grandi aziende tramite il corporate venture capital (CVC) Infine, nella fase di uscita, gli investitori monetizzano il loro impegno tramite un’IPO o un’acquisizione, coinvolgendo mercati pubblici, grandi aziende o nuovi investitori istituzionali. Ogni fase vede l’azione sinergica di attori diversi, in base al rischio e al potenziale di crescita della start-up.

Gli attori dell’ecosistema e i criteri di assegnazione dei fondi

Le figure che intervengono nella crescita di una start-up sono molteplici, e il decision making degli stessi è molto variegato: Family, Friends & Fools (FFF) si basano sulla fiducia personale più che su analisi di mercato; in maniera simile, anche se con una visione maggiormente professionale, i Business Angels, investitori individuali esperti, valutano la qualità del team e il potenziale di crescita prima di assegnare i propri fondi ad un’impresa, mentre incubatori e acceleratori analizzano l’innovatività e la coerenza che l’idea ha con il proprio portafoglio investimenti, essendo molti di questi player specializzati in precisi settori o ambiti di expertise. I Venture Capital (VC) investono sulla base della scalabilità dei progetti, mirando ad avere nel proprio portafoglio imprese che già posseggono o sono in procinto di ottenere un chiaro vantaggio competitivo. Le piattaforme di crowdfunding permettono di raccogliere capitali da molte persone, raccogliendo investimenti grazie all’attrattività del progetto o alle ricompense offerte. Le corporate venture capital (CVC) solitamente rispondono ad esigenze strategiche di grandi imprese, acquisendo start-up che posseggono un know-how altamente specializzato o con la capacità di apportare una disruptive innovation all’interno dell’industry in cui la controllante opera. A questi player si aggiungono i player tradizionali come banche e fondi di investimento che prediligono modelli finanziari sulla base della relazione rischio-rendimento, e sono solitamente più prudenti nell’elargire finanziamenti.

L’assegnazione dei fondi è meritocratica?

A causa di un altissimo failure rate, la domanda sorge spontanea: il sistema premia realmente le idee migliori? Come detto, i criteri di assegnazione dei fondi sono diversi, e la gran parte si basa su pregiudizi dell’analista: nel valutare un imprenditore entrano in gioco simpatie e antipatie che possono offuscare il giudizio, nel valutare un’idea, anche se analizzata da un esperto, dei preconcetti modificano la percezione del potenziale, fino ad arrivare ai modelli economico-finanziari che si basano sì su dati di mercato, ma in buona parte sulle stime fatte degli analisti, con un alto grado di soggettività. Bisogna però considerare che gli agenti economici operano sempre in condizioni di incertezza, e di conseguenza è impossibile trovare un sistema infallibile; l’obiettivo è quindi ridurre il più possibile il noise durante le decisioni.

Alcune soluzioni ideate per ridurre i biases

Il noise (o rumore in italiano) in questo caso fa riferimento alla variabilità indesiderata nelle valutazioni dovuta a differenze soggettive degli analisti/decisori non dovute a caratteristiche oggettive ed intrinseche dell’oggetto analizzato. Nel finanziamento delle start-up questo può costare milioni di euro a fondi di investimento, grandi aziende, incubatori ed acceleratori; ed è proprio per questo che molte istituzioni stanno ideando sistemi per limitarne quanto più possibile l’impatto. In particolare, le decisioni dei giudici sono spesso influenzate da un elemento di rumore che può compromettere l’equità del sistema. Questo rumore può assumere diverse forme: alcuni giudici potrebbero essere più severi di altri, e questo potrebbe generare della variabilità nota come “level noise”, ossia il risultato della selezione potrebbe essere influenzato dalla sfortuna nell’avere un giudice più severo del solito. Altri giudici sono noti per essere meno costanti nelle decisioni. Questo genere di variabilità è noto come “pattern noise” e può essere legato a fattori casuali come umore, meteo, momento della giornata, distrazioni e anche ordine dei progetti presentati. Questi elementi contribuiscono a un ulteriore livello di rumore decisionale. Infine, alcuni criteri utilizzati nei giudizi sono intrinsecamente più “rumorosi” rispetto ad altri. Il risultato finale di tutte queste componenti è il “System Noise” e ridurlo è fondamentale per garantire maggiore equità e meritocrazia. Un sistema per limitare l’impatto del rumore è stato ideato dall’incubatore dell’HEC Paris, uno dei più importanti in Europa, che dal 2020 ha modificato il processo di ammissione a cui vengono sottoposte le start-up prima di entrare nell’incubatore: la procedura è articolata in diverse fasi e ha lo scopo di selezionare le migliori start-up in modo attendibile ed equo. Le candidature sono raccolte e valutate in vari turni e ogni start-up deve superare dei progressivi step di valutazione. Durante tutte le fasi, diversi giudici valutano le candidature e attribuiscono loro dei punteggi dopo aver esaminato criteri di valutazione specifici. Sulla base di questi, i giudici emettono una raccomandazione generale sul futuro della start-up e se essa debba passare allo step successivo. L’introduzione di un algoritmo permette di integrare l’opinione dei singoli giudici presentando una classifica o un punteggio complessivo di ogni start-up, permettendo di limitare la soggettività della decisione. Tuttavia, il comitato mantiene ancora il completo potere decisionale per valutare il quadro generale. Esso, infatti, può scegliere di assegnare fondi sulla base dei giudizi proposti dall’algoritmo o può decidere a proprio piacimento. In definitiva, si tratta di combinare nell’analisi dei sistemi data-driven e la discrezionalità umana per ottenere equilibrio tra soggettività e valutazione qualitativa. Questo potrebbe ridurre il system noise e rendere il sistema più equo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA