Futuro in movimento, Dalle radici al mondo


Ci sono luoghi che ti insegnano a guardare lontano proprio perché sembrano lontani da tutto.

Sant’Angelo dei Lombardi, in Alta Irpinia, è uno di questi. Un paese dove l’orizzonte è fatto di montagne e il silenzio arriva prima del traffico, dove lo spopolamento non è una statistica, ma qualcosa che si riconosce nei banchi vuoti delle scuole e nelle case che, poco alla volta, spengono definitivamente le luci. 

Crescere in un microcontesto di questo tipo ti mette subito davanti ad una scelta: restare fermo o imparare a muoverti. 

Chi sceglie di partire spesso non lo fa con l’intenzione di chiudere definitivamente la porta, lo vive piuttosto come un modo per andare alla ricerca di idee, strumenti ed energie da riportare indietro, un giorno, a quella terra che continua a chiedere futuro.

È un’idea che ho ritrovato anche nella storia di Chopard, oggi marchio globale riconosciuto ovunque, che nasce proprio in un contesto minuscolo come una bottega artigianale in un villaggio svizzero. Una realtà tra le pochissime ancora indipendenti e familiari che ha saputo rinnovarsi rimanendo sempre fedele al suo microcosmo fatto di ideali importanti che si chiamano passione, etica, tradizione e coerenza.

Accade spesso: si parte da un microcontesto e si scopre, strada facendo, una dimensione internazionale. 

Un’azienda e uno studente, in fondo, crescono allo stesso modo: si inizia con piccoli passi, tanta strada da fare, ma una visione ampia.

Siena, negli ultimi anni, è diventata la mia seconda casa: una città che ti accoglie con naturalezza, che ti lascia il tempo di capire chi sei e che coltiva il valore degli incontri. È lì che ho capito quanto l’università possa essere molto più di un semplice luogo di studio. Con Gioventù Universitaria ho trovato una comunità che ha permesso di creare momenti di confronto, progetti culturali, esperienze che insegnano a dare forma alle idee, a lavorare insieme, a costruire piccoli cambiamenti che, nel tempo, diventano grandi.  

Un’occasione enorme per i giovani di arricchire il proprio bagaglio culturale e le proprie idee, è sicuramente il programma Erasmus+: se Siena mi ha insegnato a immergermi nella comunità, in Erasmus ho imparato ad aprirmi al mondo. Vivere ogni giorno con studenti provenienti da ogni angolo del globo, mostra quanto la nostra generazione sia spontaneamente internazionale: un intreccio di culture, lingue e abitudini che si mescolano con naturalezza, guidate dalla voglia di condividere esperienze, di scambiare idee e curiosità. Nessuno di loro, anche qui, partiva per scappare, ma per confrontarsi; non per cancellare da dove venisse, ma per arricchire le proprie origini.

In questo intreccio di città, persone e distanze, capisci che sono le scelte più piccole a costruire ciò che siamo.  Noi studenti non cerchiamo modelli perfetti, ma percorsi sinceri; non pretendiamo risposte immediate, ma coerenza.

Forse è per questo che l’associazionismo universitario ha avuto un impatto così forte su di me, perché si fonda sulla stessa logica con cui si cresce nel mondo: ascoltare, accogliere e costruire ponti.                       

Le università sono piene di studenti brillanti che hanno solo bisogno di un luogo in cui provare, sbagliare, migliorare. 

Ogni percorso, personale o collettivo, nasce quasi sempre da un piccolo inizio. Un paese dell’Irpinia, un’associazione universitaria, un’aula, la decisione di partire per l’Erasmus, una bottega svizzera. E allora ci accorgiamo che non è la grandezza del punto di partenza a fare la differenza, ma il modo in cui impariamo a trasformarlo, ad ampliarlo, a portarlo con noi mentre cambiamo.

Forse crescere significa proprio questo: tenere insieme le radici dei luoghi attraversati durante il proprio percorso, lasciando che si influenzino a vicenda per arrivare a creare qualcosa che prima non esisteva.

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