Ogni gesto è una scelta
Basterebbe fermarsi un istante ad ascoltare per rendersi conto che siamo circondati dal movimento. Non parliamo di un movimento fragoroso, bensì un movimento delicato, quasi impercettibile: un pensiero che muta rotta o un’iniziativa che assume un aspetto nuovo.
Lo spirito di chi si mette in gioco nell’associazionismo universitario è questo: ci mettiamo alla prova, commettiamo errori, ripartiamo, modifichiamo la direzione quando serve. Non perché siamo instabili, ma perché abbiamo compreso che agire è una modalità per avvicinarci a ciò che desideriamo diventare.
Il movimento, nel momento in cui si trasforma in un atto intenzionale, genera dei linguaggi. Anche di natura visiva. Anche di tipo estetico. Qui, realtà come Chopard si configurano come un punto di riferimento rilevante. Non per il valore del lusso, né per la notorietà del marchio: ma per il loro approccio creativo. Chopard non è un marchio che distrugge per ricostruire; è un brand che infonde dinamismo all’interno di ciò che già esiste, rinnovando la tradizione dall’interno. Il caso più lampante sono gli Happy Diamonds: diamanti che non rimangono fissi, si spostano, scorrono, assumono nuove disposizioni ad ogni movimento. Un concetto tanto semplice quanto innovativo: mantenere la propria identità, ma in costante evoluzione.
E questa è forse la cosa che più ci accomuna: cambiare forma senza “perdere il cuore”. Ecco perché “Happy Diamonds” con la sua “felicità” intrinseca è così eloquente. Si racconta che l’idea di chiamare così la collezione derivò da un’idea sviluppata da Ronald Kurowski, negli anni Settanta designer di Chopard, a partire da una frase detta da Karin Scheufele, che durante un giro nella Foresta Nera, vide i riflessi dell’arcobaleno creati da miriadi di goccioline d’acqua in sospensione attorno a una cascata e penso “Diamonds are happier when they are free”. Da qui l’abilità del designer nel riprodurre quell’effetto e lasciando i diamanti liberi di muoversi, scorrere liberamente tra due vetri zaffiri. Felicità, movimento, luce.
Robin Williams, nei panni del Professor Keating ne “L’attimo fuggente”, invitava a “cogliere l’attimo e rendere straordinarie le proprie vite”.
Non parlava di impulsività, ma del coraggio di dare forma a ciò che si muove dentro di noi prima che qualcuno ci convinca a lasciarlo fermo. “L’Attimo fuggente” non è un inno al caos e all’anarchia, ma un grido contro la cristallizzazione: contro l’idea che tutto debba rimanere com’è. Qui il movimento diventa una responsabilità oltre che un istinto.
Lo osserviamo in chi si fa sentire per una causa, come Malala Yousafzai o Greta Thumberg; in chi ha trasformato il mondo scegliendo di non restare passivo, come Gandhi o Mandela. Non perché fossero detentori della verità assoluta, ma perché hanno colto un principio semplice: il cambiamento prende vita quando qualcuno stabilisce che ciò che avverte dentro di sé vale la pena di essere ascoltato.
Ogni gesto, anche piccolo, è una scelta. Ogni parola, anche detta una sola volta, può aprire uno spiraglio. L’impatto non si misura in grandezza ma in direzione: può cambiare il mondo intero, o semplicemente il nostro. Ma resta movimento. Ed è proprio qui che il dinamismo diventa una disciplina: unisce libertà e struttura, fantasia e metodo.
All’interno delle associazioni universitarie, questo bilanciamento si acquisisce rapidamente: chi immagina e chi coordina devono collaborare. Il Board e i Responsabili d’area fungono da artigiani di una grande Maison: trasformano un concetto in qualcosa che non svanisce, che si concretizza, che persiste. Artigiani che non a caso vengono chiamati anche in Chopard “métiers d’art” mestieri di arte, la vera linfa vitale che da “corpo” all’ispirazione, il vero tesoro di una Maison al di là delle pietre preziose e dell’oro.
La guida non è fatta per ostacolare, ma per delineare il movimento, simile a un vetro di zaffiro che non confina il diamante, bensì ne esalta la brillantezza. In questo spazio, tra gesto libero e mano esperta, nascono le idee davvero rivoluzionarie. Quelle che che trasformano un’intuizione in qualcosa di concreto, condiviso, vivo.
Anche se “L’Attimo fuggente” potrebbe concludersi in modo triste, Keating non sprona i giovani a insorgere solo per farlo. Dice loro di non ignorare ciò che si muove dentro di loro. Ed è questo, alla fine, il cuore del dinamismo coraggioso: scegliere di muoversi, di provare, di creare. E soprattutto, scegliere di non farlo da soli.