Immaginate di poter dimezzare il consumo di carburante della vostra imbarcazione semplicemente cambiando l’elica. Le eliche toroidali, con il loro design rivoluzionario a forma di ciambella, promettono fino al 15% di efficienza in più rispetto ai sistemi tradizionali e una riduzione del rumore del 75%. Ma più che cambiare davvero la nautica, servono soprattutto a riportare l’attenzione su un elemento della catena propulsiva troppo spesso trascurato: quella componente che genera la spinta, apparentemente semplice ma cruciale per l’intero sistema. Quando funziona, passa inosservata; quando qualcosa va storto, è la prima ad essere incolpata. Può davvero questa componente nascosta essere la chiave per un futuro più sostenibile, o resta solo una promessa accattivante ma difficile da mantenere?
Dopo due millenni di sviluppo, l’efficienza media di un’elica marina tradizionale supera appena il 60% della potenza assorbita. In un mondo in cui oltre l’80% delle merci e degli oggetti che utilizziamo viaggia su navi, questa perdita energetica non rappresenta solo un problema tecnico ed economico, ma anche una questione centrale di sostenibilità globale.
Per comprendere quanto sia importante riscoprire l’elica, bisogna fare un passo indietro. Il primo concetto di vite che “si avvolge nell’acqua” risale agli Egizi, perfezionato poi da Archimede nel III secolo a.C. per sollevare l’acqua del Nilo tramite la celebre vite cilindrica. Questo principio di superficie elicoidale è stato alla base dei primi sistemi propulsivi fino al XIX secolo.
In quell’epoca, Josef Ressel sviluppò un’elica rivoluzionaria formata da sottili fasce metalliche, quasi una “fettuccia” immersa nell’acqua. Pur ispirandosi al concetto di vite, il suo design anticipava forme più moderne, simili a quelle dei profili toroidali attuali.
Nel 1829, durante la prova in mare, il battello a vapore Civetta raggiunse la velocità di sei nodi – una velocità impressionante per l’epoca -, ma un’esplosione del motore a vapore fermò tutto: fu proprio l’elica a essere accusata, ingiustamente, del guasto. A seguito dell’incidente le autorità austriache sospesero qualsiasi ulteriore sperimentazione e decretarono il prematuro accantonamento di questa intuizione avveniristica che, forse, avrebbe potuto anticipare di mezzo secolo l’evoluzione della propulsione navale.
Nel corso dell’Otto e del Novecento, l’elica subì una trasformazione concettuale: da semplice vite che si avvolge in acqua a profilo alare rotante capace di generare portanza idrodinamica. Nel 1878 William Froude introdusse i principi di similitudine per la modellistica navale, mentre nel 1892 Stefan Drzewiecki sviluppò una delle prime formulazioni della teoria dell’elemento di pala, suddividendo ogni sezione cilindrica a raggio costante in un piccolo profilo alare e calcolandone le forze idrodinamiche elementari.
Questo approccio apportò notevoli miglioramenti, ma mise anche in evidenza i limiti intrinseci del design tradizionale. La differenza di pressione tra il dorso e la faccia della pala, principale responsabile della spinta propulsiva, genera, inevitabilmente, perdite di energia dovute all’interazione tra le due zone. Questo fenomeno, specialmente evidente alle estremità dei profili delle pale, quando supera la soglia di pressione di vapore, è responsabile non solo di vortici ma anche di principi di cavitazione che degradano l’efficienza e deteriorano il materiale.
Negli ultimi anni, diverse aziende hanno cercato di superare questi limiti con soluzioni alternative, come l’Inducer di Solas – un sistema a due stadi di eliche co-rotanti – o i rim-driven thruster, che integrano il motore direttamente nell’anello di spinta. Sebbene promettano riduzioni di vibrazioni e turbolenze, i risultati sperimentali mostrano benefici ancora limitati nell’impiego reale.
Le eliche toroidali: rivoluzione o illusione?
Il principio delle eliche toroidali è di grande eleganza teorica: due coppie di eliche co-rotanti dalle estremità collegate a formare una geometria ad anello chiuso, riducendo sensibilmente fenomeni ed effetti di estremità. Il risultato, in teoria, è una maggiore efficienza propulsiva e una drastica riduzione del rumore e della cavitazione.
I primi test su droni e veicoli subacquei leggeri hanno evidenziato un incremento di rendimento del 10–15% e una riduzione acustica fino al 75%. Tuttavia, la transizione di questa tecnologia verso applicazioni navali su larga scala pone sfide sostanziali: le complessità meccaniche e la difficoltà di manutenzione delle geometrie toroidali, unite ai costi produttivi elevati, ne limitano l’applicabilità per ora a contesti sperimentali o di nicchia.
Rim-driven: il motore nell’anello
Una seconda direzione di ricerca punta sui sistemi rim-driven, che eliminano il mozzo centrale integrando il motore elettrico direttamente nell’anello esterno. In questa configurazione, le pale sono fissate al rotore stesso, riducendo il numero di componenti meccanici e ottimizzando lo spazio a bordo.
I produttori indicano vantaggi quali l’eliminazione dell’albero di trasmissione, minori vibrazioni e una superiore efficienza idrodinamica. Alcune aziende leader nella produzione di sistemi di propulsione navali dichiarano di aver già industrializzato soluzioni da 500 kW fino a 3 MW.
Nonostante il potenziale, permangono criticità notevoli: la necessità di sigillare ermeticamente i motori in ambiente marino, la gestione del raffreddamento e gli elevati costi di manutenzione rendono questi sistemi complessi da adottare su larga scala destinandoli principalmente ad essere impiegati nei sistemi di manovra piuttosto che nei sistemi di propulsione principale.
Il verdetto: evoluzione, non rivoluzione
Eliche toroidali e sistemi rim-driven attraggono l’attenzione per il loro fascino innovativo, ma l’elica tradizionale continua a rappresentare la soluzione più equilibrata tra efficienza, affidabilità e flessibilità industriale. Il suo margine di miglioramento, tutt’altro che esaurito, è oggi amplificato dall’impiego combinato di intelligenza artificiale e simulazioni CFD sempre più accurate.
L’ottimizzazione personalizzata delle geometrie per ogni specifica condizione operativa, resa possibile dall’aumento della potenza di calcolo e dall’avanzamento delle tecniche di additive manufacturing metallico e multimateriale, apre la strada a una nuova era di progettazione adattiva.
Quello che per due secoli è rimasto un compromesso tra prestazioni e robustezza potrebbe presto trasformarsi in un campo di innovazione spinta, in cui esperienza e calcolo generativo convergono verso la ricerca della forma perfetta, nella costante ricerca del limite fisico per ogni condizione operativa.
L’elica, oggetto apparentemente semplice ma essenziale, si conferma dunque la chiave silenziosa di una rivoluzione già in atto: la transizione verso una propulsione marina più efficiente, sostenibile e tecnologicamente evoluta. È tempo di far girare non solo le eliche, ma anche le idee: il mare e il futuro attendono!