In un contesto in cui l’impatto sociale si candida a diventare una delle nuove misure del successo aziendale, comprendere come il purpose, inteso come ragione d’essere profonda di un’organizzazione, possa tradursi in valore condiviso è sempre più rilevante.
È con questa prospettiva che SCOUT Consulting Club, a nome di Forbes Next Leader, ha scelto di raccontare il Purpose Day 2025, evento di punta della POLIMI Graduate School of Management.
Un’occasione per osservare da vicino come il mondo accademico e quello imprenditoriale
italiano stiano esplorando modelli di leadership capaci di coniugare competitività e impatto,
orientando la strategia verso un purpose autentico e generativo di valore sociale.
La giornata, aperta dalla rettrice del Politecnico di Milano Donatella Sciuto e dal presidente della GSoM Vittorio Chiesa, ha visto la partecipazione di figure di primo piano come Paul Polman, Francesco Starace, Andrea Orcel, Laura Burdese e Silvia Rovere. Al centro, la presentazione della ricerca 2025 dell’Osservatorio Purpose in Action, condotta dalla School of Management in collaborazione con Doxa e illustrata da Josip Kotlar e Federico Frattini, rispettivamente direttore scientifico e dean della GSoM.
Durante la conferenza stampa è emerso con forza come il purpose possa rappresentare il vero punto di svolta per uno sviluppo aziendale sostenibile. Non più un ideale astratto, ma un principio operativo che guida le scelte strategiche e indirizza l’innovazione verso obiettivi di lungo periodo.
Secondo gli interventi ascoltati, il purpose è oggi la chiave per integrare in modo credibile le logiche ESG nei piani industriali, consentendo alle imprese di conciliare la creazione di valore economico con un impatto sociale e ambientale tangibile. In questa prospettiva, il purposesmette di essere un elemento narrativo sulla sostenibilità e diventa una leva strategica concreta, capace di rafforzare la competitività e la coerenza del modello di business.
Ma quanto questo cambio di paradigma si riflette realmente nella pratica manageriale? A dare una risposta sono i risultati emersi dalla ricerca dell’Osservatorio Purpose in Action, che offrono una fotografia dettagliata di come il purpose stia evolvendo all’interno delle imprese italiane.
L’indagine, basata su un campione di 836 manager italiani, restituisce una fotografia chiara ma complessa. Il 68% dichiara di conoscere il purpose della propria azienda, in aumento di 6 punti rispetto al 2024. Tuttavia, solo il 13% afferma di aver osservato un cambiamento strutturale legato alla sua integrazione. La consapevolezza cresce, ma la traduzione in pratica resta la sfida decisiva.
“I risultati mostrano un’Italia manageriale più attenta al significato profondo dell’agire aziendale, ” spiega Josip Kotlar, “ma il purpose deve andare oltre la dimensione simbolica per diventare un vero fattore di trasformazione. In contesti complessi, lavorare con il purpose è una fonte di vantaggio competitivo, capace di guidare innovazione, sostenibilità e motivazione interna. ”L’analisi evidenzia un divario gerarchico: i vertici aziendali manifestano un allineamento più forte, mentre i ruoli operativi mostrano minore coinvolgimento e comprensione. Il 30% dei manager rileva però segnali positivi, come una maggiore collaborazione interna e una condivisione valoriale più diffusa. Solo una minoranza, il 6%, percepisce effetti di ambiguità o disallineamento, segno che il tema sta entrando nel tessuto organizzativo, seppur in modo non uniforme.
Secondo Frattini, “Purpose Day nasce per offrire un luogo di confronto reale tra chi crede nel potere del purpose come leva di cambiamento e chi cerca strumenti per tradurlo in azione. L’urgenza per le aziende è passare dalle parole ai fatti, individuando un purpose capace di guidare la trasformazione sociale ed economica.”
In questo senso, la GSoM non si limita a osservare il fenomeno, ma lo promuove concretamente, guidata dal purpose di ispirare e accompagnare la trasformazione. Lo fa formando i leader di domani ad affrontare le sfide più impegnative della nostra società, integrando la disciplina del purpose e la prospettiva umanistica in un modello che pone le persone e un futuro più sostenibile al centro.
Nel panorama italiano, dove il purpose è ancora troppo spesso confinato a dichiarazioni d’intenti, la GSoM del Politecnico di Milano rappresenta un esempio di come la conoscenza possa trasformarsi in azione concreta. Il messaggio che emerge dal Purpose Day 2025 è chiaro: la prossima frontiera del management non è solo capire il perché delle organizzazioni, ma renderlo misurabile, condiviso e generativo di valore per la società.
In questo scenario, anche la consulenza strategica può assumere un ruolo nuovo: aiutare le organizzazioni a integrare il purpose nella strategia, nei processi e nella governance, misurandone l’impatto in termini di performance, reputazione e attrattività dei talenti. L’approccio orientato al purpose può diventare un elemento distintivo anche per le società di consulenza, poiché il purpose è ormai una variabile strategica capace di determinare la creazione di valore duraturo.
Ma la vera sfida è un’altra: la consulenza saprà farsi leva autentica per il purpose o lo ridurrà a un esercizio di stile, svuotandolo del suo significato più profondo?