Intervista ai Co-Founder di Hiop, la startup deep tech italiana che rende i dati pronti per l’era dell’AI


dalla vision iniziale a diventare un astro nascente del settore: la storia e i consigli di Giacomo
Barone e Vincenzo Marino per chi vuole creare una startup di successo

Cos’è Hiop?

“Hiop è una startup deep tech che sta ridefinendo il concetto di infrastrutture dati per rendere le opportunità dell’AI alla portata di tutti. Per tutti quei team che sviluppano prodotti, servizi, analisi e nuovi processi basati sull’AI e che oggi si trovano bloccati “dietro le quinte” dall’enorme macchinosità della gestione dei dati, Hiop rappresenta una piccola rivoluzione che porta un’enorme semplificazione, permettendo di muoverli e arricchirli rapidamente tramite AI. Attraverso i nostri strumenti, team anche giovani e meno esperti possono superare ostacoli critici che compromettono iniziative decisive per il futuro come per la quotidianità di decine di migliaia di aziende.

Pensate a quante volte capita di trovare aziende paralizzate dal non riuscire a connettere i dati tra un gestionale e un report, o tra un moderno Software-as-a-service in cloud per il marketing e un sistema aziendale che non viene modernizzato da decenni. Potete quindi capire il mal di testa di manager – tecnici e non – che adesso vedono all’orizzonte il potenziale immenso legato agli agenti di AI, all’automazione in cloud e all’analisi dei dati, ma non una soluzione che consenta di superare questi ostacoli senza dover mettere in campo sforzi e investimenti enormi (e rischiosi).

Qui interviene Hiop. La nostra piattaforma rivoluziona in modo semplice e leggero il lavoro con i dati, permettendo di ottenere risultati con molta facilità e persino con gioia. La nostra tecnologia – Jump – prende informazioni sui dati, sui movimenti di informazioni necessari e sull’apporto che si intende chiedere all’AI e mette tutto in moto istantaneamente. Con Hiop, integrare dati strategici, alimentare modelli AI e connettere vecchi sistemi con moderne analisi in cloud diventa immediato – dalla gestione di anagrafiche ad analisi e previsioni avanzate.

Nel momento in cui la tecnologia sta diventando centrale in ogni azienda, forniamo un livello di accessibilità che consente a persone e AI di vincere sfide strategiche e ottenere risultati impressionanti in breve tempo.”

In che modo è nata Hiop e su quali principi avete costruito il vostro team?

“Malgrado l’età anagrafica, noi tre founders siamo immersi da più di 10 anni in contesti internazionali del mondo AI. L’idea di Hiop è emersa quando ci siamo scontrati con la complessità di portare l’intelligenza artificiale su larga scala: la frammentazione dei dati e l’assenza di un sistema realmente unificato rendevano qualsiasi soluzione parziale e, quindi, inefficace. Ci siamo resi conto che, per sfruttare appieno i nuovi modelli “general purpose”, occorreva prima costruire un ecosistema in grado di integrare, pulire e organizzare i dati in modo rigoroso. Questo insight ha rappresentato il nostro punto di partenza, ma è stata la sinergia fra le nostre competenze a rendere concreta la nostra vision: ciascuno di noi proveniva da un percorso professionale e formativo differente, e questa pluralità di prospettive si è spontaneamente rivelata perfetta per coprire tutte le fasi del progetto, dall’ideazione strategica all’implementazione tecnica.

A dare continuità e stabilità a questo assetto, però, non sono solo le competenze, bensì la fiducia reciproca che abbiamo instaurato sin dal principio. Abbiamo sempre creduto che la vera differenza fra una squadra veramente unita e un gruppo di professionisti che semplicemente lavora insieme risieda nella libertà di esprimere dubbi o perplessità senza temere di incrinare l’armonia. Il nostro consiglio è“fai startup con chi hai imparato a litigare bene” in quanto il confronto aperto e, a tratti, energico, è necessario per far evolvere il progetto. Questo spirito si riflette anche nel nostro assetto organizzativo: manteniamo una struttura essenziale, priva di gerarchie strutturate, così da favorire uno scambio continuo di idee. Ogni nuovo collaboratore che entra a far parte di Hiop viene invitato a partecipare attivamente, perché privilegiamo chi mostra passione per l’innovazione e volontà di mettersi in gioco alla ricerca di soluzioni che vadano oltre ciò che è già noto.”

Come avete iniziato con Hiop, come avete trovato le risorse? Vi siete rivolti a partner o
investitori?

“Il tema dei finanziamenti quando si tratta di startup è centrale, ma prima vorremmo partire da una riflessione più ampia. Quando abbiamo iniziato, non era affatto scontato che dovessimo creare una startup. Il nostro obiettivo principale era risolvere un problema che avevamo individuato nel settore tech e avevamo fiducia che la nostra idea potesse fare la differenza. Di conseguenza ci siamo trovati di fronte a una domanda fondamentale: qual era il modo migliore per concretizzare la nostra vision?

La scelta di avviare una startup, quindi, non è stata dettata solo dalla voglia di “fare impresa,” ma è stata una decisione strategica. Avevamo individuato un’opportunità di mercato unica e che necessitava di essere colta all’istante, ma, allo stesso tempo, eravamo consapevoli che il contesto richiedeva un approccio graduale e ben strutturato. Grazie alle nostre esperienze lavorative nel venture building e nella consulenza, abbiamo avviato il progetto in bootstrapping, sfruttando le nostre competenze per autofinanziare lo sviluppo della tecnologia. Questa scelta ci ha permesso di convalidare la nostra idea senza pressioni esterne, costruendo una base solida per un business model sostenibile. Esperienze strategiche, come quella con l’acceleratore AWS Startup Loft di Parigi, hanno poi svolto un ruolo cruciale nel validare il potenziale commerciale e accelerare la transizione verso una piattaforma scalabile.

Noi definiamo la nostra startup una “house of innovation” in quanto ogni elemento era ed è pensato per evolversi in modo solido ma velocemente. Questo equilibrio tra sostenibilità e innovazione ha reso Hiop capace di crescere in un contesto complesso come quello del 2020, in piena pandemia, quando il tempo e le risorse dovevano essere gestiti con estrema attenzione.”

Al giorno d’oggi quanto ritenete sia importante avere determinati partner per crescere in qualità
di startup?

“Non sempre un partner è indispensabile, ma in alcuni contesti può essere cruciale. Le partnership devono sempre essere strategiche, con uno scopo chiaro e orientate a valorizzare e supportare l’idea iniziale. Nel nostro settore, le collaborazioni più efficaci nascono spesso in modo naturale quando c’è un forte allineamento di vision e obiettivi. Una partnership non deve essere un fine, ma uno strumento per raggiungere obiettivi più grandi in modo tale che le collaborazioni siano mirate e che le soluzioni che ne emergono generino un impatto significativo nella crescita della startup.”

In un settore competitivo come il deep tech come gestite il rapporto con gli altri player?

“Su dati e AI, dove la competizione è globale, rapida e spesso spietata, i confini tra competitor e partner risultano sfumati. Tuttavia, l’aspetto più importante è legato alla crescita del settore: veloce e il cui impatto va a beneficio di tutti. È per questo che, pur puntando su idee innovative, consideriamo essenziale cogliere le opportunità di collaborazione. Seguire la propria strategia e visione è imprescindibile, ma allo stesso tempo coltiviamo partnership come ad esempio quelle con i cloud provider per ottimizzare l’uso delle loro infrastrutture attraverso i nostri software. Sosteniamo inoltre i team che integrano Hiop nei propri progetti, innescando una sinergia che allarga la nostra rete e ci fa beneficiare del successo altrui: quando un’applicazione realizzata con Hiop cresce, cresciamo anche noi.

Dunque, nel settore tech, spesso la collaborazione supera la competizione: condividere conoscenze tramite community, progetti open source o iniziative congiunte non solo favorisce l’innovazione, ma amplia il mercato stesso. Non puntiamo a “vincere” una singola sfida, ma a rispondere in modo concreto ai bisogni tech della società, favorendo l’espansione del mercato e la crescita collettiva.”

Quali consigli dareste a chi sta pensando di iniziare un percorso come startupper?

“Avviare una startup è un percorso che inizia da una domanda semplice, ma fondamentale: “Perché voglio fare startup?”. Per noi, la spinta iniziale non è mai stata solo l’idea di un possibile ritorno economico, ma la convinzione di voler risolvere un problema concreto e di dedicare le nostre energie a qualcosa di più grande di un mero progetto di business. È un impegno totalizzante, che richiede sacrifici personali e una forte motivazione per raggiungere la propria mission: se quest’ultima non è solida, la fatica e le difficoltà rischiano di spegnere l’entusiasmo iniziale molto in fretta.

Sul fronte del nostro team, l’altro interrogativo cruciale è: “con chi voglio fare startup?” Abbiamo puntato su una forte condivisione di valori e vision: ci sentiamo a nostro agio nel confrontarci in modo diretto, perfino “scomodo”, sapendo che qualsiasi critica mira a migliorare il progetto, non a destabilizzare gli altri in quanto stimola idee, assicura che niente sia dato per scontato e ci spinge a prendere decisioni più consapevoli.

Infine, un consiglio che diamo sempre è quello di sviluppare una sensibilità per il contesto: le startup si muovono in un ambiente in continua evoluzione, e non basta la buona volontà per avere successo. È necessaria una capacità costante di leggere il mercato e anticiparne i bisogni. Può essere il frutto di studio attento, di report e paper analizzati a fondo, oppure di un’intuizione fortunata, ma in ogni caso bisogna essere pronti a sfruttare la finestra temporale in cui un’opportunità si manifesta. Per noi, tutto questo si riassume nei tre pilastri su cui si regge il valore di una startup: l’asset innovativo, l’organizzazione agile e la squadra coesa.

Eppure, al netto di ogni pianificazione e competenza, rimane sempre quella domanda iniziale: “Perché voglio fare startup?”. Se la risposta è una passione autentica e un impegno che va ben oltre l’obiettivo economico, allora vale la pena accettare la sfida, perché potrebbe rivelarsi una delle esperienze più intense e gratificanti della nostra vita.”

Giacomo Barone e Vincenzo Marino, chi sono gli intervistati, Founder di Hiop

Giacomo Barone e Vincenzo Marino uniscono esperienze complementari nel campo della tecnologia e dell’innovazione. Giacomo, cresciuto nel negozio di informatica del padre, ha sviluppato fin da giovane una passione per l’informatica. Dopo la laurea in economia alla Bocconi, ha lavorato in consulenza occupandosi di cloud transition e digital transformation, approfondendo successivamente il deep learning e le tecniche di analytics.

Vincenzo ha completato una magistrale in EMIT alla Bocconi, avviando poi la sua carriera accademica come ricercatore in SDA Bocconi, dove si è concentrato su Service Operations e Industria 4.0. Ha coordinato anche il Master in Food and Beverage, per poi entrare in un venture builder, sviluppando startup per multinazionali in ambiti come data science, IoT e Industria 4.0.

I due si sono conosciuti durante la loro esperienza in JEME, la Junior Enterprise della Bocconi, tra il 2013 e il 2015. Collaborando a progetti consulenziali, hanno costruito un rapporto di fiducia e visione condivisa che ha gettato le basi per la loro collaborazione imprenditoriale. Grazie alla loro amicizia e affinità professionale, sono riusciti a trasformare le loro competenze e passioni in un progetto concreto e innovativo.

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