Immaginiamo di entrare in una stanza piena di specchi, come quelle delle fiere o dei luna park. Ognuno di questi specchi ci rimanda un’immagine di noi diversa: alcuni ci fanno sembrare piú tozzo, altri una figura oblunga, altri ci trasformano dandoci contorni ondulati e cosí via. Ora immaginiamo di rimanere chiusi in questa stanza per tempi inverosimili senza nessun contatto con l’esterno. Noi, lo specchio e tante versioni verosimili ma diverse del nostro riflesso. Siamo davvero certi di sapere ancora come realmente siamo fatti, chi siamo davvero, e soprattutto quale sia la verità?
L’essere umano definisce sé stesso e le proprie concezioni attraverso il suo rapporto con l’esterno: inizia con il legame materno dei neonati, prosegue con la scoperta della propria individualitá nella società e continua con lo sviluppo del senso di collettività e appartenenza nel mondo. Così l’uomo riesce a definire i punti cardine nella mappa di una società, come quella contemporanea, così complessa. Ma quando il rapporto con l’esterno diventa mediato, filtrato o distorto da strumenti che non rispecchiano semplicemente la realtà ma ne producono diverse, allora anche la nostra solida e radicata idea di verità comincia ad incrinarsi. Il mondo è cambiato e ogni giorno cambia sempre più velocemente, assumendo una forma sempre più caleidoscopica: non c’è un unico sole ma milioni di luci, alcune reali, altre artificiali, che competono per la nostra attenzione. Ed è questo il nuovo terreno di conquista per il potere: la guerra delle percezioni.
Il potere delle ombre
Nel Libro VII de La Repubblica, Platone racconta il celebre mito della caverna:
«Immagina dunque degli uomini in una dimora sotterranea a forma di caverna, con un’entrata spalancata alla luce e larga quanto l’intera caverna; (…)fa loro luce un fuoco acceso alle loro spalle, in alto e lontano; tra il fuoco e i prigionieri passa in alto una strada, e immagina che lungo di essa sia stato costruito un muretto, simile ai parapetti che i burattinai pongono davanti agli uomini che manovrano le marionette mostrandole, sopra di essi, al pubblico.(..) dietro questo muretto degli uomini portano, facendoli sporgere dal muro stesso, oggetti d’ogni genere e statuette di uomini e di altri animali di pietra, di legno, foggiate nei modi più vari; com’è naturale alcuni dei portatori parlano, altri tacciono.»
«Strana immagine descrivi» disse, «e strani prigionieri.»
«Simili a noi» dissi io. «Pensi innanzitutto che essi abbiano visto, di se stessi e dei loro compagni, qualcos’altro se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna che sta loro di fronte?»
«E come potrebbero» disse, «se sono costretti per tutta la vita a tenere la testa immobile?»
«E lo stesso non accadrà per gli oggetti che vengono fatti sfilare?»
Come gli uomini di Platone vivevano in un mondo di luci e ombre costruite, oggi noi viviamo in un sistema in cui la nostra percezione della realtà é filtrata e manipolata. É per questo che, oggigiorno, il potere non risiede più nella forza bensì nella capacità di controllare e utilizzare i dati, la tecnologia e l’informazione. Questi nuovi sistemi sono tanto efficaci quanto impercettibili: si diffondo lentamente nel tessuto sociale, rendendosi difficilmente visibili ad un occhio non esperto. In questo scenario una minaccia su tutte spicca come strumento capace di cambiare, manipolare e distorcere la realtà intorno a noi, e di conseguenza le verità in cui crediamo e che pensiamo erroneamente affidabili: la disinformazione, che a differenza della misinformazione, non volontaria, va intesa come la manipolazione e l’interferenza intenzionale maligna dell’informazione. Lo scopo e strategia di questo strumento viene definita Pollution Strategy: non si tratta di convincerci di una sola realtà ma di crearne molteplici e confonderle, erodendo la nostra fiducia e facendoci arrivare a dubitare di noi stessi e della realtà in cui viviamo, come nella stanza degli specchi.
É attraverso manipolazione e distorsione che veniamo influenzati e guidati, spesso in modo latente, a percepire la realtà non per com’è, ma per come qualcuno desidera farcela vedere. Ad esempio, immagina che qualcuno usi le tue informazioni personali – come i tuoi like sui social, i tuoi interessi, i tuoi dati anagrafici – per cambiare il modo in cui pensi e, di conseguenza, il mondo in cui voti. Non apertamente, ma in modo latente senza che tu possa rendertene conto.
Regno di illusioni e realtà plasmata: Il caso Brexit
Questo é esattamente quello che é successo nel 2016, durante il referendum per la Brexit. La Brexit non é stata solo una semplice decisione; ma il risultato di una campagna pianificata e nascosta che ha usato Big data, trucchi psicologici e denaro segreto per manipolare l’opinione pubblica. Gli elettori credevano di star facendo una scelta libera e democratica, ma in realtà, diverse ombre dietro le quinte modellavano con attenzione le loro convinzioni ed emozioni. Una delle società più influenti durante la campagna politica per la Brexit fu Cambridge Analytica, azienda nota per aver utilizzato i dati di Facebook per colpire gli elettori con estrema precisione, analizzando i loro comportamenti e prevedendo come avrebbero votato. Questo permise loro di inviare messaggi personalizzati: se qualcuno aveva timore dell’immigrazione, gli venivano mostrati annunci che rafforzavano un senso di allarmismo e paura; se qualcuno era preoccupato per l’andamento economico nazionale, veniva sommerso di messaggi che additavano l’Unione Europea come colpevole della recessione inglese. Questi messaggi non erano pensati per informare, ma solo per manipolare le emozioni e influenzare le decisioni degli elettori.
Cambridge Analytica non agiva da sola, ma faceva parte di una rete più ampia di società e individui con il potere di orientare il dibattito politico all’insaputa del pubblico. Altri esempi sono Palantir, una società sostenuta dalla CIA, e AggregateIQ, che utilizzarono i dati di Facebook e la pubblicità online per diffondere paura, in particolare riguardo all’immigrazione e all’Islam. In seguito si scoprì che molti di questi annunci contenevano affermazioni false: una delle più efficaci sosteneva che la Turchia fosse in procinto di entrare nell’Unione Europea. Questo creò un senso di allarme e panico tra molti elettori, inducendoli a credere che l’unico modo per “proteggere” il Regno Unito fosse uscire dall’Unione Europea.
Come nel mito della caverna, Platone descrive come le ombre fossero inviate da un grande fuoco ed i prigionieri concepivano solo quella realtà. Ugualmente, oggi esistono dei “grandi fuochi” che proiettano luci e ombre costruite: sistemi informativi e mediatici che persuadono e manipolano la collettivitá a piacimento. Il sistema messo in atto durante la Brexit, infatti, non agì in modo autonomo, ma lavorò in sinergia con i giornali di proprietà delle élite, che diffusero messaggi fuorvianti su carta e online, mentre il tutto veniva finanziariamente sostenuto da milioni di sterline provenienti da ricchi donatori legati a gruppi di destra e a interessi stranieri. Ciò permise che milioni di persone venissero esposte agli stessi messaggi manipolati, rendendo sempre più difficile distinguere la verità dalla propaganda.
La Brexit non fu un caso isolato: nello stesso anno, furono utilizzare strategie di manipolazione simili anche durante le elezioni presidenziali degli Stati Uniti nel 2016. Al centro dello scandalo vi era, di nuovo, Cambridge Analytica, la quale, attraverso il cosiddetto microtargeting, era riuscita a valutare le personalità degli utenti online e a raccogliere loro informazioni personali, riuscendo poi a influenzarne scelte e opinioni con post e messaggi mirati. Le indagini condotte in seguito hanno confermato l’utilizzo di account fake e bot col fine di diffondere informazioni false che screditassero Hillary Clinton e la sua propaganda elettorale. In particolare, l’azienda sfruttò i dati personali degli elettori per diffondere messaggi razzisti e islamofobici che fossero strategici e indirizzati ai swing states, aree chiave in grado di decidere il risultato delle elezioni. Lo scandalo scoppiò solo nel marzo del 2018, nonostante ci fossero già da anni denunce da parte di media e professionisti dell’informazione che accusavano la raccolta illecita di dati da parte dell’azienda.
La democrazia degli specchi
Il legame tra la Brexit e la vittoria di Trump mette in luce una tematica fondamentale: la democrazia sopravvive in apparenza, ma sotto la sua superficie si cela un sistema che semplifica la complessità del mondo contemporaneo e decide cosa vediamo, cosa crediamo e perfino chi pensiamo di essere. Non siamo più cittadini che scelgono e votano liberamente, ma spettatori di una realtà confezionata su misura, dove ogni verità è calibrata per confermare le nostre paure, valori e desideri.
In questa democrazia degli specchi o nella caverna platoniana contemporanea, il consenso non nasce dal confronto ma dalla manipolazione silenziosa che ci richiede un costante sforzo di senso analitico e spirito critico. La trasparenza e la rappresentanza, punti cardine di ogni sistema democratico, si dissolvono così nei riflessi prodotti da algoritmi.
La soggettività della macchina ed il riflesso della verità
Ma l’analisi di questo fenomeno non può fermarsi unicamente ad un livello politico o tecnico, è necessario un passo aggiuntivo, etico.
Gli algoritmi e l’intelligenza artificiale, strumenti cardine di queste forme di interferenza e manipolazione dell’informazione, sono macchine di calcolo e come tali non possono detenere una coscienza, distinguere il giusto dall’ingiusto o la verità da una menzogna. Essi vanno intesi non come soggetti ma come forze moltiplicatrici ed amplificatrici di azioni, valori, responsabilità puramente umani. Il rischio etico dunque non risiede nella macchina, ma in chi la impiega per estendere il proprio potere, andando a mettere a repentaglio i principi di trasparenza, responsabilità e rappresentanza equa su cui, come già detto, si fonda la democrazia. Come nella stanza degli specchi, le verità si moltiplicano fino a perdersi. Non sappiamo più a quale “vero” affidarci, così chiunque ne possegga i mezzi può entrare in scena e dirci chi siamo. E noi, smarriti e incapaci di trovare la verità tra i tanti riflessi che ci si propongono davanti, finiamo per credergli, alimentando il sistema di cui siamo le stesse vittime.
La verità non è più un punto d’arrivo ma un campo di battaglia: ogni riflesso combatte per sembrare autentico e la realtà si riduce ad una questione di potere. Chi controlla lo specchio, controlla il “vero”, rendendo la narrazione della veritá l’arma più potente.