Nel 2006 usciva al cinema il primo capitolo dell’iconica trilogia di Shawn Levy, “Una notte al museo”. Nel film, il protagonista, interpretato da Ben Stiller, vive rocambolesche avventure nel Museo di Storia Naturale di New York, insieme a Theodore “Teddy” Roosevelt, interpretato da Robin Williams. Le opere del museo, infatti, di notte prendono vita. Ma se potesse essere più di una semplice pellicola? Immagina di passeggiare per i corridoi di un qualsiasi museo in Italia, di trovarti di fronte a un quadro, un libro, una scultura o persino un edificio, e che questo ti invii un messaggio su WhatsApp per raccontarti la sua storia, esattamente come farebbe un amico. La trama di “Una Notte al Museo” è finzione e, per ora, la tecnologia non ci permette di dare vita alle opere come aveva pensato Levy. Tuttavia esiste una giovane startup che permette di interagire direttamente con le opere d’arte utilizzando la più nota app di messagistica che esista: Whatsapp. In questo modo si superano le normali audioguide che, spesso, sono fastidiose e ingombranti o con cuffie indossate da tutti i visitatori e si fa ricorso ad un’audioguida smart che funziona senza dover scaricare pesanti applicazioni. La startup in questione è LotzArt, un’audioguida smart che fa della semplicità d’accesso, della fruibilità e dello storytelling i suoi cavalli di battaglia. Ed il funzionamento? Nulla di più semplice, basta semplicemente inquadrare un QR Code sotto l’opera in questione con il proprio cellulare per vedere apparire tra le chat di WhatsApp un messaggio direttamente dal protagonista dell’opera. Sarà poi l’opera stessa a raccontare la propria storia, arricchita da aneddoti e curiosità, al visitatore. Questa è l’idea di LOTZ – LOTZ OF IDEAZ, la startup nata dalla mente di Riccardo Lozzi, romano, classe 1989, di professione startupper ma non solo. Lozzi infatti è fondatore e CEO della già menzionata LOTZ, ma anche giornalista economista e dottorando di ricerca sulle tecnologie innovative per la mobilità sostenibile. In questo articolo, Riccardo Lozzi ci racconta nel dettaglio la sua startup: dal processo di nascita alle prospettive future, esplorando il modello di business e le possibilità di crescita grazie all’implementazione dell’Intelligenza Artificiale.
Può spiegarci in cosa consiste LotzArt da un punto di vista tecnologico e operativo e come opera in musei e biblioteche?
LotzArt è una piattaforma di storytelling culturale interattivo che utilizza WhatsApp per offrire esperienze culturali immersive e personalizzate. A differenza delle app o delle classiche audioguide, non si limita a trasmettere informazioni in forma didascalica, ma permette di avviare una chat con i protagonisti dell’arte e della cultura. Il risultato è un viaggio narrativo che prende vita sullo smartphone del visitatore, senza bisogno di scaricare app o utilizzare dispositivi esterni. Operativamente, l’utente avvia l’esperienza tramite un QR code o un link e riceve una sequenza di messaggi su WhatsApp, come se a scrivergli fosse un’opera, un personaggio storico, un libro antico o persino un edificio. Ogni messaggio è scritto con stile narrativo, registrato con cura e integrato con media visivi o testuali. L’esperienza può essere strutturata come visita tematica, gioco a tappe, racconto misterioso, quiz o escape room culturale.
Da dove nasce l’idea di LotzArt? Qual è stato l’episodio o l’intuizione che l’ha spinta a voler dare voce alle opere d’arte e ai libri attraverso un social così quotidiano come WhatsApp?
L’idea di LotzArt nasce da un’esigenza concreta che oggi riguarda la maggior parte delle persone: non vogliamo più scaricare nuove app. Troppi strumenti, troppi account, troppo tempo perso. Da qui la scelta di utilizzare WhatsApp, un canale già presente sul telefono di tutti, semplice, familiare, intuitivo. Questo lo rende uno strumento potente non solo in termini pratici, ma anche dal punto di vista emotivo e comunicativo: è inclusivo, diretto e naturale. Dalla tecnologia è emersa l’intuizione creativa: se possiamo usare un canale così quotidiano, perché non farlo diventare il mezzo con cui le opere d’arte, i libri e i personaggi della cultura parlano direttamente alle persone? Non un chatbot impersonale, ma una narrazione su misura, dove le voci dei luoghi e dei protagonisti culturali arrivano sul telefono dell’utente in modo vocale, empatico, coinvolgente. Così è nato LotzArt, un modo per portare la cultura dentro la quotidianità, usando il linguaggio della messaggistica per creare esperienze immersive, vive e accessibili a tutti.
L’uso dell’IA è pressoché sconfinato ed applicabile in tutti i campi. In un’epoca in cui l’Intelligenza Artificiale e la realtà aumentata stanno ridefinendo il nostro rapporto con l’arte e la cultura, come pensa che LotzArt possa evolversi nei prossimi anni con l’utilizzo dell’IA?
L’Intelligenza Artificiale rappresenta un’opportunità straordinaria per ampliare la personalizzazione, la scalabilità e la profondità dell’esperienza. Al momento, LotzArt è centrato su contenuti narrativi scritti e registrati da professionisti, ma stiamo lavorando su diversi fronti per potenziare la piattaforma con l’IA in modo mirato e responsabile. In primo luogo, l’IA potrà aiutarci a adattare i contenuti in tempo reale in base al comportamento o agli interessi del visitatore. Immaginiamo percorsi che si rimodulano in base alle scelte, alle reazioni emotive (rilevate tramite sentiment analysis) o al tempo a disposizione. Non sarà l’utente ad adattarsi all’esperienza, ma l’esperienza a seguire l’utente. In secondo luogo, l’IA può contribuire a creare contenuti dinamici a partire da fonti ufficiali, come cataloghi, archivi digitali o schede di collezioni. Questo ci permetterà di aggiornare in autonomia le esperienze o creare nuovi percorsi in modo semplice, ma con una supervisione editoriale umana. Infine, stiamo esplorando l’uso dell’IA per traduzioni automatiche con revisione semantica e adattamenti vocali che rispettino il tono dei personaggi. L’obiettivo non è sostituire la narrazione umana, ma amplificare la capacità del sistema di adattarsi, espandersi e dialogare con un pubblico globale.
Qual è il modello di business principale su cui si basa LotzArt?
LotzArt si fonda su un modello di tipo B2B, pensato per rispondere alle esigenze di musei, biblioteche, istituzioni culturali, piccoli e grandi Comuni che vogliono offrire al proprio pubblico un’esperienza narrativa coinvolgente e personalizzata. La nostra proposta non si limita alla fornitura di tecnologia, ma include l’intero processo creativo e operativo necessario per attivare un canale culturale efficace su WhatsApp. Offriamo un servizio completo che parte dalla progettazione narrativa su misura: lavoriamo fianco a fianco con curatori, comunicatori e istituzioni per costruire personaggi, scrivere script, definire toni di voce e scegliere i media più adatti (audio, immagini, testi). Ogni contenuto è pensato per valorizzare l’identità del luogo e rendere la fruizione accessibile e immersiva. Ci occupiamo poi della produzione vera e propria dei contenuti, registrando messaggi vocali, curando le visualizzazioni, costruendo flussi narrativi capaci di coinvolgere diversi pubblici. Il tutto viene poi integrato nella piattaforma WhatsApp, attraverso un sistema automatizzato che gestisce l’invio dei messaggi, le interazioni e i percorsi dinamici. In parallelo, stiamo sviluppando pacchetti narrativi dedicati ai Musei d’Impresa, realtà sempre più attive nella valorizzazione del proprio patrimonio culturale, sociale e produttivo. Per queste istituzioni – spesso legate a brand storici o aziende innovative – LotzArt rappresenta un’opportunità per raccontare il valore umano e creativo del lavoro, trasformando archivi, oggetti e documenti in voci che parlano al visitatore in modo diretto, emotivo e autentico. Il nostro modello è pensato per essere accessibile anche a realtà medio-piccole, grazie a costi contenuti, nessuna app da sviluppare, nessun dispositivo da fornire, e un sistema di attivazione e aggiornamento semplice, flessibile e sostenibile nel tempo.
Crede che LotzArt possa avere un ruolo educativo importante? Come immagini possa essere utilizzato nelle scuole, nei musei o da parte di semplici appassionati per avvicinare il grande pubblico all’arte e alla letteratura?
Assolutamente sì. LotzArt è pensato per educare attraverso la narrazione e la partecipazione, stimolando la curiosità, l’empatia e il pensiero critico. Il suo linguaggio, basato su WhatsApp e su un rapporto diretto tra utente e personaggi culturali, lo rende particolarmente adatto a parlare a pubblici diversi, a partire dalle scuole. Proprio in ambito scolastico, LotzArt può diventare uno strumento potentissimo per avvicinare i ragazzi alla letteratura, alla storia dell’arte o alla conoscenza del territorio. Quando abbiamo sperimentato il nostro format con alcune scuole, abbiamo ottenuto un risultato sorprendente: invece di iniziare la lezione con il classico “mettete via i cellulari”, abbiamo detto “tirate fuori il cellulare”. Una semplice frase che ha catturato immediatamente l’attenzione. I ragazzi, abituati a vivere il digitale in modo passivo o slegato dalla cultura, si sono trovati coinvolti in un’esperienza narrativa viva, in cui a parlare erano i libri, le opere e i luoghi stessi. Questo approccio non intende demonizzare lo smartphone – che fa parte ormai della vita quotidiana dei ragazzi – ma utilizzarlo in modo consapevole per veicolare contenuti culturali. LotzArt mostra che la tecnologia, se ben orientata, può diventare un alleato dell’educazione, non un nemico. In biblioteca, può supportare progetti di promozione della lettura, attivare percorsi gamificati tra gli scaffali, far scoprire fondi speciali o raccontare le storie dei luoghi attraverso personaggi reali o immaginari. In museo, può trasformare una visita scolastica in un laboratorio esperienziale, dove la voce delle opere guida i visitatori, stimola domande, crea connessioni. Ma LotzArt non si rivolge solo al mondo scolastico. Parla anche agli adulti, agli appassionati, ai curiosi, offrendo esperienze personalizzate e fruibili in autonomia. Può essere usato per esplorare un luogo anche fuori dagli orari tradizionali, per ricevere aggiornamenti culturali in tempo reale o per mantenere vivo il legame con un’istituzione, anche a distanza. In un’epoca in cui le esperienze culturali devono competere con mille distrazioni digitali, crediamo che l’educazione debba rinnovare il proprio linguaggio, trovando nuove forme per toccare le emozioni e attivare relazioni significative.