Sono trascorsi ormai quasi vent’anni dall’uscita nelle sale del primo capitolo della saga di Una notte al Museo. E sembra quasi impossibile dimenticare Larry Daley, interpretato da Ben Stiller, custode notturno al Museo di storia naturale di New York, che scopre per caso di trovarsi in un luogo che ogni notte prende vita.
Tra un enorme scheletro di T-rex, che sarà ribattezzato Rexy, una scimmietta di nome Dexter, antichi romani in miniatura e la statua di cera di Theodore Roosevelt, interpretato dall’indimenticabile Robin Williams, questa realtà sembrava frutto di una geniale trama tutta americana. Eppure, grazie all’Intelligenza artificiale, i musei stanno prendendo vita. Letteralmente.
Il recupero di beni danneggiati
Che siano visite virtuali, accesso a opere immersive o nuovi strumenti per la cura e la tutela dei beni, anche in questo settore l’impatto dell’IA è innegabile. In un articolo scientifico pubblicato sulla rivista Nature lo scorso giugno, Alex Kachkine, studente di ingegneria meccanica del Mit – Massachussetts Institute of Technology – ha spiegato come, attraverso una pellicola digitale, si possano restaurare dipinti e opere pittoriche.
“In questo articolo descrivo il restauro digitale di un dipinto applicato fisicamente, un olio su tavola fortemente danneggiato attribuito al Maestro dell’Adorazione del Prado della fine del XV secolo”, ha scritto Kachkin nell’articolo. “Questo approccio garantisce ai restauratori una maggiore lungimiranza e flessibilità, consentendo il restauro di innumerevoli dipinti danneggiati, ritenuti indegni di elevati budget di conservazione”, ha sottolineato l’autore, evidenziando come un aspetto, ossia quello economico, riuscirebbe ad avere un minore impatto sui bilanci museali.
Visite immersive e musei social
Restando in ambito italiano, il progetto AI for MUSE, nato grazie alla collaborazione tra Università di Torino e Politecnico di Torino, “utilizza l’intelligenza artificiale, la realtà virtuale e le app per migliorare l’esperienza di visita nei musei”.
Da qui anche l’idea di un’app, I-Muse appunto, che coinvolge otto realtà museali, tra cui la Reggia di Venaria Reale e il Museo Egizio. Attraverso l’app l’utente amplifica “la sua esperienza di visita, con percorsi personalizzati, approfondimenti suggeriti sulla base delle sue preferenze e la possibilità di scoprire sia le opere esposte sia quelli custodite nei magazzini e archivi. I visitatori potranno fruire del patrimonio come se fosse custodito in unico grande museo, a portata di app”.
E pensiamo poi alle tantissime pagine social, che riescono ad arrivare ad un pubblico molto più ampio e ben diversificato. Solo per fare degli esempi: tra i musei e i siti archeologici più visitati in Italia ci sono la Galleria degli Uffizi e il Parco Archeologico di Pompei. E proprio la Galleria degli Uffizi raggiunge cifre altissime, con 817 mila followers su Instagram e oltre 2 milioni di like su TikTok. Numeri simili anche per Pompei, con circa 434 mila followers su Instagram e oltre 1 milione di like su TikTok.
Il caso di Google Arts & Culture
Tra le realtà che ancora oggi rappresentano una vera eccezione nel binomio tra arte e tecnologia c’è sicuramente Google Arts & Culture. Nata nel 2011 con il nome di Google Art Project, questa piattaforma basa il suo “patrimonio” su una raccolta digitale di immagini in alta risoluzione di alcune tra le opere più famose del mondo, nonché una visita virtuale delle gallerie in cui sono esposte. Tra i siti che hanno aderito al progetto ci sono il Met e il Moma di New York, la Tate Modern Gallery di Londra, ma anche i Musei Capitolini a Roma e la Galleria degli Uffizi di Firenze.
Con un po’ di curiosità, si riesce a navigare tra i vari link nel sito, scegliendo se preferire la ricerca per artista, per corrente artistica, per città rappresentata o custode di un’opera o più semplicemente per collezione. Si può creare così un autoritratto ispirato all’arte di Van Gogh oppure simulare un puzzle che ricostruisce un’immagine.
Tra le applicazioni più concrete dell’IA c’è quella che offre la possibilità di immergersi in un quadro, attraverso la categoria “Moving paintings”, come nel caso delle opere provenienti dal Fukuda Art Museum di Kyoto, in Giappone. Dopo aver selezionato un dipinto, spostando il cursore sulla tela, vengono visualizzate delle aree bianche: cliccando sull’area, si può vedere l’opera in movimento, attraverso la modalità “artistic” – quindi fedele all’opera stessa – o in modalità “realistic” – come se fosse un video della realtà.
Tutto a portata di mano. Anzi, di clic.