La settimana lavorativa di quattro giorni: un esperimento che funziona?


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La settimana lavorativa di quattro giorni sta riscuotendo sempre più interesse a livello globale. Diversi studi indicano che questo approccio può portare benefici significativi, sia per i dipendenti che per le aziende. Ma funziona davvero ovunque sia stata implementata? Sembrerebbe di sì.

Un’indagine condotta dall’Università di Cambridge ha coinvolto 61 aziende britanniche, mostrando risultati promettenti. Il 71% dei lavoratori ha riferito una diminuzione del burnout, mentre il 39% ha sperimentato meno stress. Anche i giorni di malattia sono calati del 65% e le dimissioni sono diminuite del 57%. Dal lato aziendale, i ricavi sono aumentati in media dell’1,4%.

L’adozione della settimana corta porta a un aumento della produttività, un miglior equilibrio tra vita privata e lavoro e una maggiore attrattività per i talenti. I dipendenti, avendo più tempo libero, tornano al lavoro più riposati e motivati.

Non mancano però le criticità. Alcuni lavoratori potrebbero sentirsi sotto pressione per completare il lavoro in meno giorni, e le aziende potrebbero dover sostenere costi aggiuntivi per assumere nuovo personale e coprire le ore mancanti.

Anche in Italia, alcune grandi aziende come Intesa Sanpaolo, Sace, Lamborghini e Luxottica stanno sperimentando la settimana lavorativa corta. Inoltre, il Parlamento italiano sta discutendo un disegno di legge per incentivare questo modello.

La settimana lavorativa di quattro giorni sembra essere una soluzione vantaggiosa per migliorare il benessere dei dipendenti e la produttività aziendale, ma richiede una gestione attenta per bilanciare costi e benefici. L’interesse crescente e le sperimentazioni in corso potrebbero presto trasformare questo modello in una nuova norma lavorativa.

Un altro esempio significativo è rappresentato dall’esperimento condotto in Islanda, che ha coinvolto oltre 2.500 lavoratori e ha portato a risultati estremamente positivi. I lavoratori hanno riportato un aumento del benessere generale e un miglioramento dell’equilibrio tra vita lavorativa e privata. Questi risultati sono stati così convincenti che l’86% della forza lavoro islandese ora gode di orari di lavoro ridotti o ha acquisito il diritto di ridurre le ore di lavoro.

In Spagna, il governo ha avviato un progetto pilota che coinvolge aziende disposte a ridurre la settimana lavorativa senza ridurre i salari. Questo esperimento mira a verificare se una settimana lavorativa più breve possa stimolare la produttività, ridurre lo stress e aumentare la soddisfazione dei dipendenti.

La tecnologia gioca un ruolo cruciale nel facilitare la transizione verso una settimana lavorativa più breve. Strumenti di automazione e intelligenza artificiale possono aiutare a mantenere, se non aumentare, i livelli di produttività. Questi strumenti permettono ai dipendenti di concentrarsi su compiti più strategici e creativi, delegando quelli ripetitivi alle macchine.

Tuttavia, l’adozione di una settimana lavorativa di quattro giorni non è priva di sfide tecniche e logistiche. Le aziende devono ripensare i loro processi e investire in formazione per garantire che i dipendenti siano pronti a sfruttare al meglio le nuove tecnologie.

A livello globale, il concetto di settimana lavorativa ridotta sta guadagnando terreno. Paesi come il Giappone e la Nuova Zelanda stanno esplorando questa possibilità, con iniziative che mirano a migliorare il benessere dei lavoratori e a promuovere una cultura aziendale più sostenibile. In conclusione, mentre la settimana lavorativa di quattro giorni mostra promettenti vantaggi in termini di benessere dei dipendenti e produttività aziendale, richiede una gestione attenta per bilanciare costi e benefici. L’interesse crescente e le sperimentazioni in corso potrebbero presto trasformare questo modello in una nuova norma lavorativa. Con l’adozione crescente di tecnologie avanzate e un cambiamento culturale verso un miglior equilibrio tra vita e lavoro, il futuro del lavoro potrebbe vedere la settimana lavorativa di quattro giorni diventare la norma piuttosto che l’eccezione.

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