Questo è uno scritto destinato a chi ha ancora qualcosa da decidere, sulla sua vita e sul suo atteggiamento di fronte alla cultura.
Quando sentiamo in noi una simile incertezza, il desiderio di muovere i primi passi e il bisogno di una guida che ci sorregga, allora arte, scienza, filosofia possono indirizzare la nostra vita, purché prendano la figura di una persona, che incuta in noi rispetto e ammirazione.
È scegliendo un maestro, che cominciamo a diventare qualcosa, e ciò per la modestia dell’atto, che attenua l’orgoglio giovanile, e per la fiducia nel sostegno, che dà fermezza al nostro incedere.
-Giorgio Colli, Introduzione a “Schopenhauer come educatore” di Friedrich Nietzsche, Adelphi
La figura
Dal momento in cui apre gli occhi alla luce, l’uomo, trovandosi buttato a caso tra tutte le altre cose del mondo, cerca di trovare se stesso e di conquistarsi emergendo dal loro groviglio. Ma tutto ciò che il bambino tocca si ribella alla sua stretta e afferma la propria esistenza. Perciò, nella lotta per l’autoaffermazione, esso si affida ad una guida, a qualcuno che possa aiutarlo ad affermarsi nell’entropia delle cose. In principio i genitori, in seguito una figura scolastica, e poi chissà, il ventaglio della vita si apre ad ogni possibilità.
L’archetipo del Maestro, nell’esoterismo e nell’alchimia, non significa altro che questo: testimone della Tradizione e del percorso della vita, aiuta l’allievo ad affermare la propria identità, non necessariamente identica a quella del mentore, e a ricavarne la verità attraverso la maieutica di socratica memoria.
La figura può assumere le forme più svariate, ciò non diminuisce la validità degli insegnamenti. Personalmente, i miei più grandi Maestri non vivono da cento o più anni, e non penso che la mia sia una condizione atipica. Uno scrittore, un poeta, un esploratore ed un girovago hanno la medesima dignità come modelli. La figura di Maestro trascende i ruoli e ottiene stima e seguito per ciò che rappresenta e testimonia, sia ciò un’idea o uno stile di vita.
Sprona a ricercare, a fondare e fissare la propria Weltanschauung, ovvero la visione onnicomprensiva del mondo, delle cose, delle genti. Per un Maestro tutte le idee sono valide, ciò che conta è la loro fondatezza. E se mai come oggi assistiamo alla presenza delle più disparate credenze, non possiamo che constatare quanto frequentemente siano fondate sul nulla. Contraddittorie, senza una base o una visione d’insieme: il compito di un mentore è evitare simili storture.
In ogni fase della vita esistono uno o più modelli che influenzeranno non solo le nostre scelte, ma il nostro sguardo sul mondo. E se nel periodo adolescenziale ciò potrà manifestarsi attraverso un filosofo, un poeta o un altra figura inarrivabile, nel corso della nostra vita potremo trovare conforto e ispirazione all’interno del nostro percorso universitario, del lavoro e in altre situazioni a noi vicine. Si presenteranno proprio quando ricominceremo a camminare verso una nuova meta; a quel punto, come per magia, apparirà una figura che ci possa ispirare a completare anche questa tappa.
Duole notare quanto simili persone stiano scomparendo dal nostro mondo, specialmente in ambito lavorativo. Complice la spersonalizzazione delle professionalità e l’inafferrabilità della struttura corporate, il neo-assunto rischia sempre più frequentemente di trovarsi smarrito nella realtà aziendale. Il rapporto Maestro-apprendista ha caratterizzato tutte le fasi dello sviluppo umano, dall’antichità alla modernità, incentivando lo sviluppo di professionalità e talenti. Secondo un articolo del Financial Times alcuni dirigenti d’azienda starebbero pensando di cambiare il modo in cui i tirocinanti svolgono il loro compito: troppo staccati dal funzionamento aziendale e senza una guida che possa affiancarli, passano gran parte del tempo a chiedersi come debbano comportarsi e cosa fare. L’idea sarebbe di avvicinare middle e top management, o qualsiasi altra figura senior, alle nuove reclute, in modo da valorizzarne le potenzialità e favorirne l’inserimento in azienda. Il tempo ci dirà se così sarà, o se l’antico rapporto scomparirà del tutto.
Demolire per ricostruire
Non fraintendetemi. Un Maestro non è infallibile, men che meno eterno. Mai innalzare colonne che superano noi stessi, in quanto potrebbero caderci addosso. In un epoca come la nostra avere un modello che ci scuota ed innalzi ad una consapevolezza maggiore è fondamentale, ma non può bastare. L’esempio trova la sua più grande conferma nel nostro dubbio, che non testimonia nulla se non il nostro progresso. Quanti miti crollano continuamente nella vita di ognuno? Non importa: ogni tappa è eterna, perché condiziona il nostro passo e quello futuro, in cui troveremo un altro riferimento a guidarci.
La delusione e l’abbattimento dei modelli a noi cari sono essenziali per la costruzione di qualcosa di nuovo. Nessun pensatore, politico o imprenditore ha cominciato la propria opera dal nulla. Piuttosto, essi hanno a lungo meditato sulle parole dei propri Maestri fino al punto di sconfessarli, per poi ricostruire qualcosa di nuovo, di più grande. Nessun uomo nasce in astratto, ecco spiegata l’esigenza di una guida. Il progresso si riferisce sempre ad una condizionata passata, da cui deve necessariamente rompere per ripartire.
Negli ultimi anni si è voluto abolire tutto ciò che fosse traumatico, impegnativo e doloroso. Non sorprende constatare che la nostra sia un’epoca di crisi. La figura del Maestro si staglia su chi vorrebbe immobilizzare o sradicare il mondo con un ultimo grande insegnamento, una delle poche leggi eterne degne di un simile titolo: chi rimarrà fermo subirà il peso del passato, chi proseguirà senza confrontarcisi compirà un salto nel buio.
Il discepolo deve rendere onore al suo maestro superandolo.
-F. Nietzsche, “Umano, troppo umano”