The microbiota revolution: una sinfonia invisibile che cambia la società.


Negli ultimi anni, il microbiota intestinale è stato al centro di una rivoluzione copernicana della medicina, alla luce della scoperta della sua importanza in salute e in malattia. Quella che poteva sembrare una sinfonia invisibile di microbi, si è rivelata il direttore di un’orchestra numerosa.

Il nostro apparato digerente, dunque, non è affatto solo un organo anatomico quanto un ambiente popolato da una comunità microbiologica che colonizza il corpo fin dai primissimi giorni di vita. Essa è parte integrante della sua struttura, vive in perfetto equilibrio con esso ed è eterogenea tra individui con stili di vita e provenienze differenti.

In condizioni di equilibrio, il microbiota aiuta il corpo a svolgere le proprie funzioni in maniera fisiologica, tra le quali funzioni di barriera e protezione dai patogeni, regolazione dell’intake metabolico e del sistema immunitario. Allorquando qualcosa squilibra questo insieme, il microbiota si altera e può contribuire all’insorgenza di malattie infettive, croniche e oncologiche.

Il microbiota intestinale è crocevia di numerose attività di omeostasi, ma a che punto siamo nella comprensione del ruolo delle sue disregolazioni su questi meccanismi? 

Ne abbiamo parlato con il dott. Gianluca Ianiro, ricercatore in Gastroenterologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dirigente medico presso la UOC di Gastroenterologia di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma.

Possiamo variare il microbiota per contribuire al ripristino dello stato di salute in diversi modi, ad esempio con la dieta: l’alimentazione rappresenta infatti uno dei più forti modulatori, perché con essa è possibile, nel bene e nel male, cambiare il nostro microbiota. Cibi processati, diete ricche di carboidrati raffinati o di carne rossa lo alterano rendendolo un agente che contribuisce a generare uno stato proinfiammatorio.

Le terapie basate sulla modulazione del microbiota hanno già una lunga storia di efficacia nella gestione di diverse patologie legate ai suoi squilibri: diarree infettive, encefalopatia epatica e malattia diverticolare sono solo alcuni esempi.

Tra le metodiche più innovative utilizzate in pratica clinica nel trattamento delle patologie infettive, il trapianto del microbiota intestinale (FMT, Fecal Microbiome Transplant [1]) è estremamente valido nella gestione dell’infezione da Clostridioides Difficile e restituisce ottimi dati nella ricerca oncologica, dove è stato osservato un aumento della risposta agli inibitori del checkpoint immunitario.

Sembra incredibile pensare di combattere un microorganismo con altri microorganismi: in questo senso utilizziamo un “antibiotico” il cui principio attivo coincide proprio con quello che una volta ritenevamo essere il bersaglio.
Per menzionare altri promettenti impieghi, FMT è stato utilizzato nell’eradicazione di Klebsiella Pneumoniae New Delhi, un patogeno altrimenti antibiotico resistente. Questo approccio offre vantaggi significativi, tra i quali la possibilità di sottoporre a trapianto d’organo quei pazienti che, a causa della condizione di immunosoppressione post-trapianto, potrebbero andare incontro a complicanze quali sepsi e morte.

Una possibile evoluzione del FMT potrebbe essere rappresentata da sospensioni batteriche sintetiche definite “consorzi batterici” (BC, Bacterial Consortium[2]), della quale in futuro si potrebbero studiare differenti formulazioni composte da diverse specie microbiche.

E l’impatto sul Sistema Sanitario Nazionale?

In relazione all’impatto anche economico di queste innovazioni scientifiche sul Sistema Sanitario Nazionale, il Dott. Ianiro ha citato uno studio svolto all’interno della sua équipe e pubblicato sulla rivista Annals of Internal Medicine[3]: in pazienti ospedalizzati in cui era stata riscontrata infezione da Clostridioides Difficile (antibiotico resistente) trattati con trapianto fecale (rispetto a pazienti trattati con Vancomicina), si riusciva a ridurre di quattro volte le sepsi, ridurre del 30% la mortalità e più che dimezzare la durata della degenza.


Con l’avanzare di software sempre più intelligenti e del machine learning, è ormai possibile individuare correlazioni invisibili all’occhio umano, il che solleva interrogativi cruciali sul possibile contributo dell’intelligenza artificiale nella medicina personalizzata e, in particolare, nelle nuove frontiere del trapianto di microbiota intestinale.
L’IA potrà contribuire allo sviluppo di nuove terapie, rendendosi utile nel matchare il profilo del donatore a quello del ricevente, nel tentativo di chiarire se serva davvero una medicina di precisione per modulare il microbiota, o un approccio “one-size-fits-all” sia sufficiente.
Tutto ciò ci permetterebbe di trarre vantaggi economici rilevanti: dall’ottimizzazione delle terapie alla riduzione delle complicanze e dei ricoveri, con un impatto positivo in termini di riduzione delle spese sanitarie a lungo termine.

Quali sono i prossimi grandi traguardi delle ricerche sul microbiota intestinale?

Tra le frontiere più interessanti, spiccano quelle che esplorano il campo oncologico sia in ambito diagnostico, per la diagnosi precoce di alcuni tumori grazie alla presenza di firme microbiche specifiche, sia in quello terapeutico, con l’obiettivo di migliorare l’efficacia dell’immunoterapia (checkpoint inhibitors).

Il microbiota non è mai l’unico attore, ma fa parte di un complesso ecosistema intestinale che va maggiormente studiato; la comprensione di questo universo microbico significherà non solo decifrare un aspetto essenziale della nostra biologia, ma anche aprire la strada a una nuova economia della salute, fondata sulla prevenzione personalizzata, su farmaci mirati e su strategie terapeutiche innovative. Forse il giorno in cui sapremo davvero “addomesticare” il microbiota, imparando a modularlo con precisione, sarà anche il giorno in cui potremo affrontare alcune malattie che oggi consideriamo inattaccabili.

© RIPRODUZIONE RISERVATA