Transizione energetica e ambientale: green jobs e mismatch di competenze 


La transizione energetica ed ambientale sta producendo una inevitabile modificazione del mercato del lavoro e delle competenze richieste.

Questo cambiamento genera nuove posizioni occupazionali, per le quali sono però richieste abilità accessibili a un numero limitato di persone: così si ottiene un ampio disallineamento tra ciò che viene richiesto dalle aziende e ciò che è disponibile nel mercato del lavoro, rendendo necessarie misure di aggiornamento delle capacità dei lavoratori.

Investimenti mirati alla sostenibilità

L’assetto lavorativo e produttivo sta evolvendo in un sistema sempre più aderente ai principi della Green Economy, ovvero ad uno schema economico che ponga come prioritari la sostenibilità ambientale, il benessere umano ed una gestione consapevole delle risorse. Tale evoluzione può costituire un’opportunità di sviluppo su vasta scala, che permette a piccole e medie imprese, ma anche alle grandi industrie, di rispondere alle politiche di transizione all’economia circolare, generando nuove possibilità di lavoro.

In questo senso si può parlare di Green jobs e di Green skills, ovvero di posizioni lavorative e capacità connesse che si intersecano perfettamente con le nuove esigenze di transizione.

Come emerso da un’indagine Unioncamere-Ecomondo, presentata alla fine del 2024, nell’ultimo quinquennio, in Italia, il 78,4% delle imprese ha condotto investimenti mirati alla sostenibilità, con un ulteriore 18,3% prossimo all’esecuzione di operazioni finanziarie ed ammodernamenti in questa direzione.

Mismatch e gap di competenze

Questo quadro comporta una vera e propria modificazione delle competenze richieste, che spesso però non combacia con ciò che il mercato del lavoro ha da offrire, producendo un netto slittamento tra domanda ed offerta. Come segnalato nel report Unioncamere-Ecomondo, ben in 9 imprese su 10 emergono criticità nel reperimento di personalità professionali che abbiano competenze specifiche nell’ambito della sostenibilità.

Per controbilanciare questo mismatch, presente non solo a livello di transizione verde, ma anche a livello generale nello scenario economico italiano, spesso si ricorre all’implementazione della formazione interna dei dipendenti, scelta come sentiero principale dal 59,7% delle aziende, oppure a consulenze di tecnici esterni, che consentano di colmare il divario di competenze, opzione per cui opta invece il 49% delle realtà economiche, come riportato da Confindustria.

Le nuove posizioni lavorative

La transizione economica ed ambientale in corso, sostenuta anche dagli investimenti delle imprese, necessita dunque di nuove figure professionali. Nello specifico si parla di sustainability ed energy manager, ovvero di ruoli gestionali dedicati rispettivamente al monitoraggio dell’impatto ambientale delle aziende ed alla gestione dei processi di erogazione dell’energia, al fine di limitarne gli sprechi. O ancora, su un piano più pratico, agli operatori del fotovoltaico e dell’eolico.

Rilevante anche la generazione di nuovi rami delle professioni tradizionali, come l’ingegnere ambientale e delle energie rinnovabili o l’architetto specializzato in bioedilizia.

È chiaro che questo cambiamento andrà a rendere obsolete alcune posizioni lavorative: come rilevato dal rapporto Future of Jobs Report 2025 del World Economic Forum, nel cluster preso in esame dalla ricerca, entro il 2030 si potranno rilevare 92 milioni di posti di lavoro ‘tradizionali’ in meno, con però un aumento di 170 milioni di nuove posizioni, e dunque una crescita stimata complessiva di 78 milioni di occupati.

In conclusione. Che cosa manca

In specie nell’ambito lavorativo italiano, giocano un peso significativo l’invecchiamento demografico e la non pienamente attuata risposta del sistema educativo, che non comprende ancora una formazione estesa mirata alle competenze attualmente richieste nell’ambito della digitalizzazione e della sostenibilità.

Come già analizzato, la risposta più veloce risiede nell’arricchimento delle capacità di chi già partecipa al mondo del lavoro, con un reskilling ed un upskilling dedicati alle nuove esigenze dell’economia sostenibile, che però sembrano essere in carico soprattutto alle aziende, e non già ad un sistema integrato.

Di Yari Nicholas Turek – Direttore editoriale politicamag.it

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Classe 2001, esercita il proprio impiego principale quale Direttore amministrativo di uno studio legale. Attivo nell'ambito dell'associazionismo, è Segretario generale de La Giovane Roma e Vicepresidente di Needs Startup Association, ma…