L’intelligenza artificiale generativa sta rapidamente passando da novità tecnologica a strumento indispensabile in ambito aziendale. Nella foto, una rappresentazione digitale del concetto di AI.
Negli ultimi due anni strumenti di AI generativa come ChatGPT di OpenAI per il testo o DALL·E per le immagini sono esplosi in popolarità, trovando applicazione diffusa nelle imprese. Questa nuova ondata di AI, capace di generare contenuti originali (dai testi alle immagini) a partire da semplici prompt in linguaggio naturale, sta rivoluzionando i processi aziendali. Dalla scrittura automatica di email e codici software, alla creazione di campagne marketing personalizzate e al supporto clienti tramite chatbot, le aziende stanno abbracciando queste tecnologie per migliorare produttività e innovazione. Un recente sondaggio di Bain & Company indica che l’adozione è ormai ubiqua: il 95% delle aziende statunitensi dichiara di utilizzare strumenti di AI generativa, in forte crescita (+12 punti percentuali) rispetto all’anno precedente. Questa diffusione incredibilmente rapida suggerisce che l’AI generativa è diventata un elemento centrale (“a business staple”) nelle strategie corporate odierne. Di seguito esploriamo come le imprese stanno impiegando l’AI generativa per aumentare l’efficienza, automatizzare compiti ripetitivi e stimolare l’innovazione in settori chiave come marketing, sviluppo prodotto e assistenza clienti, senza tralasciare le sfide etiche emergenti e le implicazioni per il futuro del lavoro umano.
Produttività interna e automazione dei task ripetitivi
Le imprese vedono nell’AI generativa un potente alleato per potenziare la produttività e automatizzare attività a basso valore aggiunto. Una peculiarità di questi sistemi è la loro capacità di comprendere il linguaggio naturale e generare risposte o contenuti pertinenti, caratteristica sfruttata per snellire molte operazioni interne. Ad esempio, i grandi modelli linguistici come ChatGPT vengono utilizzati per redigere bozze di documenti, email e report, oppure per riassumere lunghi testi e analisi, facendo risparmiare tempo ai dipendenti. Nel campo dello sviluppo software, strumenti generativi tipo GitHub Copilot o ChatGPT (con capacità di coding) suggeriscono automaticamente linee di codice e soluzioni a partire dalle richieste dei programmatori, accelerando i cicli di sviluppo. Non a caso, lo sviluppo di software e IT risulta uno degli ambiti di utilizzo più diffusi per l’AI generativa, con un rapido incremento di casi in produzione. In generale, la maggior parte dei progetti di AI generativa in azienda mira proprio a migliorare la produttività e ridurre i costi operativi.
. Questo caso illustra come l’AI generativa possa automatizzare compiti ripetitivi (come l’estrazione di informazioni) liberando tempo per attività a maggior valore aggiunto. Non sorprende che oltre l’80% delle aziende che hanno sperimentato casi d’uso generativi dichiari risultati in linea o superiori alle aspettative, con circa il 60% che già osserva benefici di business tangibili in termini di efficienza.
Marketing e creatività aumentata dall’AI
Uno dei campi dove l’AI generativa sta avendo un impatto dirompente è il marketing. La possibilità di generare testi, immagini e persino video originali apre scenari nuovi per la creatività pubblicitaria e la personalizzazione su larga scala. Le aziende stanno impiegando modelli generativi per creare contenuti promozionali in modo più rapido ed economico, adattandoli alle preferenze di specifici segmenti di clientela. Secondo un report di Capgemini, il 74% dei top manager globali ritiene che i vantaggi offerti dall’AI generativa superino le preoccupazioni legate ai rischi. Già oggi, il 40% delle aziende intervistate ha istituito un team e un budget dedicati all’AI generativa, e quasi la metà delle restanti prevede di farlo entro un anno – segno che il marketing basato sull’AI non è più fantascienza ma una realtà concreta.
Nel marketing operativo, i chatbot avanzati e gli assistenti virtuali sono tra gli strumenti generati dall’AI più rilevanti: l’83% dei dirigenti indica proprio i chatbot come applicazione chiave, utili per automatizzare interazioni di customer service e migliorare la gestione della conoscenza interna. Questi assistenti conversazionali, potenziati da modelli linguistici di ultima generazione, possono gestire richieste dei clienti, fornire raccomandazioni su prodotti e persino supportare strategie di marketing personalizzato dialogando con gli utenti. Ad esempio, il colosso del CRM Salesforce ha lanciato Einstein GPT, un’AI generativa integrata nei suoi prodotti, che aiuta a generare email di marketing, ideare contenuti personalizzati per campagne e persino aggiornare articoli di knowledge base automaticamente. L’obiettivo è fornire ai team di marketing (e non solo) uno strumento capace di creare o riassumere contenuti su misura, attingendo sia alla creatività del modello generativo sia ai dati aziendali.
Per campagne pubblicitarie e branding, l’AI generativa consente di sperimentare concept innovativi. Un caso emblematico è Coca-Cola, azienda nota per l’audacia nel marketing. Nel 2023 Coca-Cola ha lanciato una serie di iniziative supportate da AI: ad esempio una nuova bevanda in edizione limitata chiamata Y3000, concepita proprio con l’ausilio dell’AI. L’azienda ha raccolto input dai consumatori su emozioni, colori e sapori “dal futuro” (l’anno 3000) e li ha dati in pasto a modelli generativi, che hanno contribuito a creare il concept visivo e il profilo di gusto della bevanda. Sulle confezioni, un QR code permetteva ai clienti di accedere a un’esperienza interattiva: una AI Cam generativa mostrava come sarebbero potuti apparire luoghi e ambienti nell’anno 3000, filtrando le foto degli utenti con uno stile futuristico. Nella stagione natalizia, Coca-Cola ha replicato l’idea lanciando un tool per creare cartoline di auguri personalizzate tramite immagini generate dall’AI, combinando elementi iconici del brand in modo unico per ogni utente. Sfruttando modelli come DALL·E 3 per le immagini, la società ha generato creatività tematiche vibranti e coinvolgenti, alimentando il buzz attorno ai nuovi prodotti e rafforzando il legame con i consumatori più giovani.
I benefici attesi dall’AI nel marketing sono significativi anche sul piano quantitativo. I dirigenti prevedono nei prossimi 3 anni un incremento medio delle vendite dell’8% e una riduzione dei costi del 7% grazie all’uso dell’AI generativa, accompagnati da un miglioramento intorno al 9% sia nell’efficienza operativa sia nel livello di engagement e soddisfazione dei clienti. In sostanza, la creatività aumentata dall’AI permette non solo di produrre contenuti marketing in modo più efficiente, ma anche di raggiungere il pubblico in maniera più mirata, con messaggi e visual personalizzati su scala prima impensabile.
Innovazione nello sviluppo prodotto e design
L’AI generativa sta rivoluzionando anche il modo in cui si progettano nuovi prodotti e servizi. I modelli generativi di testo e soprattutto di immagini/video offrono ai team di R&D e design la capacità di generare rapidamente prototipi, concept e varianti progettuali da valutare, riducendo il tempo necessario per passare dall’idea alla bozza. Ad esempio, nel settore dell’arredamento, la società Wayfair ha lanciato l’applicazione Decorify, che sfrutta modelli di generazione immagini per aiutare i clienti a ridisegnare virtualmente gli spazi interni. L’utente carica una foto del proprio soggiorno, sceglie uno stile di design preferito (es. moderno, rustico, minimalista) e l’AI restituisce un’immagine fotorealistica della stanza arredata secondo quel gusto, con tanto di suggerimenti di mobili e complementi disponibili a catalogo. In pochi istanti il sistema genera diverse soluzioni di interior design, offrendo spunti creativi al cliente e allo stesso tempo promuovendo i prodotti di Wayfair in modo interattivo. Soluzioni simili di generative design vengono studiate in ambito manifatturiero e automobilistico: algoritmi generativi che creano automaticamente design ottimizzati (es. componenti meccanici alleggeriti ma robusti) sulla base di specifiche date, permettendo agli ingegneri di vagliare molte più opzioni progettuali in minor tempo.
Anche lo sviluppo di prodotti digitali beneficia di questi approcci. Oltre al già citato supporto alla programmazione software, aziende tech stanno integrando l’AI nei loro processi di UX/UI design. Strumenti come Adobe Firefly (per la generazione di immagini creative) si collegano ai software di progettazione per permettere ai designer di generare bozzetti di interfacce, icone o elementi grafici semplicemente descrivendoli a parole. Questo consente una iterazione rapidissima sulle idee: il design diventa un dialogo con l’AI, in cui il creativo raffina i risultati generati finché non emergono soluzioni convincenti. Il risultato è un processo di innovazione più agile e sperimentale, dove l’AI funge da “co-pilota creativo” che amplia la cassetta degli attrezzi dei team di prodotto.
Molte aziende vedono dunque l’AI generativa come chiave per accelerare l’innovazione. Vale la pena notare, però, che l’adozione efficace richiede investimenti nelle infrastrutture dati e nelle competenze: “La qualità dei modelli è funzione della qualità dei dati… Di conseguenza, solo chi ha investito sui dati ottiene già un ritorno sull’investimento”, osserva Bryan Harris, CTO di SAS, sottolineando come pochi attori stiano vedendo risultati economici immediati nonostante l’impatto promettente. In altre parole, l’AI generativa può potenziare lo sviluppo prodotto, ma non è una bacchetta magica: serve una solida base di dati di qualità e occorre integrare l’AI nei flussi di lavoro in modo mirato. Come ha ricordato Marinela Profi, AI product strategy lead di SAS, “l’intelligenza artificiale generativa è una funzionalità che può migliorare i processi produttivi esistenti. Non è una soluzione a tutti i problemi di business”. Questa prospettiva pragmatica sta guidando molte imprese: l’AI viene impiegata dove offre un valore aggiunto chiaro (es. generare rapidamente un concept grafico o testare mille varianti progettuali), mentre rimane complementare alla creatività e all’esperienza umana nelle decisioni finali.
Assistenza clienti 4.0: dai call center ai chatbot intelligenti
Il settore dell’assistenza clienti è forse quello che per primo ha abbracciato soluzioni di AI, e con l’avvento di modelli generativi le capacità di supporto automatico hanno fatto un salto di qualità. I chatbot di nuova generazione, alimentati da modelli linguistici avanzati, sono in grado di sostenere conversazioni molto più naturali ed esaustive rispetto ai bot di vecchia generazione basati su risposte predefinite. Questo li rende ideali per gestire in prima linea le richieste dei clienti su vari canali (siti web, e-commerce, app di messaggistica), fornendo risposte immediate 24/7. Molte aziende hanno implementato chatbot basati su GPT per rispondere alle FAQ, fornire assistenza tecnica di base o raccogliere informazioni dal cliente prima di passarlo eventualmente a un operatore umano. L’obiettivo è automatizzare le query più semplici e ripetitive, migliorando i tempi di risposta e liberando gli addetti umani per i casi più complessi o delicati.
Le indagini confermano l’importanza di questa applicazione: la grande maggioranza dei dirigenti (oltre l’80%) considera i chatbot e gli assistenti virtuali generativi tra gli strumenti più rilevanti dell’AI generativa in azienda, proprio per l’impatto su customer service e knowledge management. I vantaggi citati includono la possibilità di offrire esperienze cliente più interattive e coinvolgenti (71%) e di migliorare il servizio tramite un’assistenza automatizzata ma personalizzata (67%). Un assistente virtuale ben addestrato può infatti personalizzare le risposte in base al profilo del cliente e al contesto, simulando un’interazione quasi “umana”. Ad esempio, nel settore bancario diverse banche hanno lanciato chatbot AI per fornire informazioni sul saldo, assistenza su transazioni o consigli finanziari di base, con linguaggio naturale e facendo riferimento allo storico del cliente. Nel retail e nel turismo, bot conversazionali aiutano gli utenti a trovare prodotti o pianificare viaggi su misura, ponendo domande dinamiche per capire gusti ed esigenze.
Un caso interessante è l’utilizzo di modelli generativi per assistere non solo i clienti finali ma anche figure professionali nell’assistenza sanitaria. Il gruppo ospedaliero Mass General Brigham (Boston) ha sperimentato un sistema basato su LLM per aiutare i medici a rispondere ai messaggi dei pazienti in modo tempestivo. Il modello generava bozze di risposta ai quesiti clinici dei pazienti, che il medico poteva velocemente rivedere e convalidare. I test hanno mostrato che l’82% delle risposte generate dall’AI erano appropriate e inviavili senza modifiche sostanziali, e in oltre la metà dei casi i medici non hanno dovuto apportare correzioni. Pur ancora in fase pilota, risultati del genere evidenziano il potenziale dei co-piloti AI nel ridurre il carico amministrativo (ad esempio la gestione di email e messaggistica) per i professionisti, consentendo loro di dedicare più tempo all’interazione diretta con i clienti o pazienti.
Va sottolineato che le implementazioni efficaci in ambito customer service richiedono particolare attenzione alla qualità e veridicità delle risposte fornite dall’AI. Le aziende leader stanno affrontando il problema attraverso fasi estese di addestramento sui propri dati e test di validazione: l’AI viene integrata nei sistemi CRM e nei database della conoscenza, in modo da fornire risposte corrette e conformi alle policy aziendali. Inoltre, molte organizzazioni scelgono un approccio “ibrido” in cui l’AI assiste l’operatore umano (ad esempio suggerendo la risposta o compilando automaticamente la nota post-chiamata), piuttosto che interagire da sola con il cliente per questioni delicate. Nonostante queste cautele, è innegabile che siamo entrati nell’era dell’assistenza clienti 4.0, dove umani e AI collaborano per offrire un servizio più rapido, continuo e personalizzato.
Implicazioni etiche e governance dell’AI generativa
L’adozione su larga scala dell’AI generativa porta con sé importanti interrogativi etici e di governance. Molte imprese riconoscono che, parallelamente ai benefici, è necessario gestire i rischi e le responsabilità legati a queste tecnologie. Tra le principali preoccupazioni espresse dai leader aziendali troviamo la privacy dei dati, la sicurezza delle informazioni, i possibili pregiudizi (bias) incorporati nei modelli e l’affidabilità delle decisioni prese dall’AI. In un sondaggio globale condotto da Bain & Company, il 42% dei CEO identifica le questioni etiche e di privacy come una delle sfide principali nell’adozione dell’AI. Anche i consumatori condividono alcuni timori: oltre un terzo del pubblico vede nell’AI una minaccia per la privacy e la sicurezza dei propri dati, e circa il 34% teme un uso improprio o non etico dell’AI così come un impatto negativo sul mondo del lavoro.
Per affrontare queste sfide, le aziende all’avanguardia stanno sviluppando principi di AI responsabile e framework interni di controllo. Sempre secondo Bain, ben il 70% delle imprese ha già implementato (o sta per implementare) linee guida etiche e impegni concreti per guidare lo sviluppo di soluzioni AI in modo trasparente e sicuro. Questo dato è incoraggiante: indica una crescente consapevolezza sull’importanza di governare l’AI fin dalle fasi iniziali, definendo ad esempio politiche sull’uso appropriato dei dati, meccanismi per monitorare l’accuratezza delle output generate e sistemi per prevenire discriminazioni algoritmiche. “I dati raccolti dipingono un quadro complesso ma promettente… Questo dimostra un’attenzione crescente verso trasparenza, privacy e impatto sociale”, afferma Pierluigi Serlenga, managing partner di Bain & Company Italia, notando come l’accento per ora sia più sulla cultura aziendale che sulla regolamentazione formale.
Un altro fronte etico è la trasparenza verso gli utenti: aziende e creator di contenuti stanno iniziando a etichettare ciò che è generato dall’AI, per non ingannare il pubblico. Piattaforme e governi stanno inoltre considerando norme per regolamentare l’uso dell’AI generativa, specie in ambiti come la comunicazione pubblica (si pensi al rischio deepfake). I vertici di aziende AI hanno anch’essi riconosciuto la necessità di cautela: nel 2023, in una lettera aperta, ex ricercatori di OpenAI e DeepMind hanno criticato l’eccessiva velocità di rilascio di nuovi modelli a scapito della sicurezza. In parallelo, sta nascendo una vera e propria industria della AI safety, con startup e team dedicati a rendere i modelli più sicuri, interpretabili e allineati ai valori umani. Tutto ciò evidenzia come fiducia e etica siano ingredienti fondamentali per il successo dell’AI generativa nel lungo periodo: le imprese che sapranno coniugare innovazione e responsabilità avranno un chiaro vantaggio competitivo nella cosiddetta “AI economy” emergente.
Il futuro del lavoro umano nell’era dell’AI
L’ascesa dell’AI generativa solleva inevitabilmente la questione di quale sarà il ruolo degli esseri umani nel lavoro di domani. Automazione e produttività aumentata fanno sperare in un mondo in cui le persone possano dedicarsi a mansioni più creative e gratificanti, delegando all’AI i compiti più noiosi e ripetitivi. Tuttavia, esiste anche il timore di una sostituzione tecnologica in alcuni ruoli. Attualmente, i segnali indicano più una trasformazione che una mera eliminazione dei posti di lavoro: in un sondaggio PwC, il 75% dei CEO ritiene che l’AI generativa cambierà in modo significativo il proprio business nei prossimi tre anni, implicando la necessità di riconvertire competenze e ruoli, ma non necessariamente un impatto netto negativo sull’occupazione. Anzi, molti leader intravedono la creazione di nuove figure professionali specializzate in AI. Secondo uno studio Capgemini, il 69% delle aziende è convinto che l’AI generativa non metterà in pericolo il “fattore umano”, ma anzi favorirà l’emergere di nuove professioni come “AI auditor” (revisori degli algoritmi) e “AI ethicist” (esperti di etica dell’AI). Ciò comporterà investimenti notevoli in formazione e aggiornamento: circa il 68% dei dirigenti prevede programmi di upskilling e reskilling per dotare i dipendenti delle competenze necessarie a collaborare efficacemente con l’AI.
Naturalmente, questa transizione non sarà priva di sfide. Alcune mansioni verranno effettivamente automatizzate: studi del World Economic Forum stimano che entro il 2030 l’AI e l’automazione potrebbero dislocare circa 92 milioni di ruoli lavorativi nel mondo, ma parallelamente crearne 78 milioni di nuovi, spesso più qualificati. Nel breve termine, un sondaggio tra manager americani rivela che già il 30% delle aziende USA ha sostituito almeno in parte lavoratori con strumenti AI come ChatGPT, soprattutto in funzioni amministrative e di supporto. Questa percentuale potrebbe salire al 38% nei prossimi mesi. È quindi comprensibile una certa apprensione tra i lavoratori riguardo alla stabilità del proprio impiego. In particolare, ruoli incentrati su attività ripetitive e basate su schemi (ad es. inserimento dati, supporto clienti di primo livello, redazione di testi standardizzati) sono i più esposti ad automatizzazione. Di converso, aumenterà il valore delle soft skill umane – creatività, pensiero critico, gestione delle persone, competenze strategiche – che le macchine ancora non possiedono pienamente.
Le aziende di successo adotteranno un approccio in cui AI e lavoratori si potenziano a vicenda. “Sebbene l’AI generativa possa offrire numerosi vantaggi sia alle aziende che ai dipendenti, sarà indispensabile adottare un approccio incentrato sull’essere umano, che consenta di portare su scala queste tecnologie e implementare le linee guida necessarie per promuovere la fiducia sul posto di lavoro”, avverte Monia Ferrari, Managing Director di Capgemini Italia. Questa visione sottolinea come il fattore umano resti centrale: l’AI deve essere intesa come un amplificatore di capacità, non come un rimpiazzo dell’uomo. In concreto, ciò significa ridisegnare i processi lavorativi per integrare gli strumenti AI in modo complementare: ad esempio, il marketer utilizza l’AI per generare 10 bozze di campagna pubblicitaria in un’ora (cosa che manualmente richiederebbe giorni), ma poi tocca alla sua esperienza scegliere la migliore e perfezionarla; oppure l’avvocato fa preparare all’AI una prima sintesi dei punti chiave di un contratto, ma sarà lui a rivederli e adattarli al caso specifico. In questo scenario, le competenze dei knowledge worker evolvono – meno tempo speso in produzione “bruta” di contenuti, più enfasi su controllo di qualità, creatività e decision making.
In definitiva, il futuro del lavoro con l’AI generativa sarà probabilmente caratterizzato da collaborazione uomo-macchina. Le organizzazioni dovranno supportare i dipendenti in questo percorso, offrendo formazione continua sull’AI e creando un clima di fiducia verso questi strumenti. Le implicazioni sociali non vanno sottovalutate: governi e imprese saranno chiamati a gestire la transizione con politiche attive del lavoro, aggiornando i profili professionali e tutelando chi sarà colpito dall’automazione. Ma se ben governata, l’AI generativa potrà liberare il potenziale creativo dei lavoratori umani anziché soffocarlo. In fondo, come notava anche Geoffrey Hinton (pioniere dell’AI), stiamo entrando in un’era in cui per la prima volta potrebbe esistere qualcosa di più intelligente di noi – ed è responsabilità di “noi” come società fare in modo che questa intelligenza venga utilizzata per arricchire il lavoro e la vita umana, non per impoverirla. La sfida è lanciata, e il mondo del business è già in movimento per cogliere le opportunità dell’AI generativa guidandola con saggezza.