Psicologia e UX: le nuove frontiere dell’experience design


A chi non è mai capitato di imbattersi in app e siti web scarsamente funzionali, poco attrattivi, oppure ancora tecnicamente problematici? Di tutto questo si occupa l’experience design, una particolare branca di applicazione metodologica che, traendo spunto dalla psicologia cognitiva e dall’intelligenza artificiale, è volta a progettare interfacce digitali efficienti, coinvolgenti e sempre più personalizzate.  

Gli esordi

Analizzando le ultime frontiere del design e della tecnologia, è sorprendente apprendere come concetti di base formulati nei lontani anni ’80, ben prima dello sviluppo di internet così come noi oggi lo conosciamo, siano ancora attuali. Che la tecnologia abbia a che fare con la creatività umana è indubbio, ma ciò su cui vale la pena insistere è la loro combinazione, una vera e propria rivoluzione nel metodo e nel merito tale da definire un’arte a sé stante. 

Donald Norman è stato uno dei primi accademici a cogliere le potenzialità da qui rinvenibili; non a caso, le teorie da lui formulate non solo costituiscono le fondamenta dell’odierna ergonomia, ma vengono tutt’ora proposte come materiale di studio nelle Facoltà e nei più disparati Atenei del mondo. 

L’intuizione di Norman 

La sua riflessione prende avvio dal design inteso quale pratica multidisciplinare, comprendente  varie influenze – da quelle strettamente psicologiche a quelle semiotiche – capace di influenzare le nostre azioni e sensazioni. Pioniere dell’importanza giocata dalla gradevolezza estetica nella definizione del grado di soddisfazione finale dell’utente, partendo dall’assunto per cui le emozioni costituiscono una parte significativa della nostra vita, Norman parla di design emozionale, un approccio progettuale volto a creare interfacce tali da innescare risposte emotive positive nell’utente stesso. Così facendo, pone sullo stesso piano funzionalità ed esperienza d’utilizzo. 

Ma il punto colto da Norman va ben oltre la mera progettazione: con lui, è in gioco una rivoluzione letteralmente radicale. Mentre prima l’emotività costituiva una parte poco esplorata della psicologia umana, ritenuta un residuo evolutivo delle nostre origini animali, messa in sordina dal pensiero logico-razionale, improvvisamente diventa invece determinante nella vita quotidiana. 

La conferma sul campo 

A contatto con la funzionalità cerebrale, le teorie di Norman si rilevano perfettamente calzanti. Il nostro cervello può infatti contare su tre livelli di elaborazioneviscerale, comportamentale e riflessivo – la cui modulazione reciproca scandisce il nostro comportamento. 

Il livello viscerale è quello in cui entra in gioco l’aspetto dell’interfaccia, il suo “impatto iniziale”. Segue poi il livello comportamentale, che prendendo in esame l’esperienza concreta, ha a che fare con la prestazione e l’usabilità. Questi ultimi concetti non sono interscambiabili tra loro: mentre il primo riguarda il grado – più o meno elevato – di esecuzione da parte dell’interfaccia delle funzioni previste in fase di progettazione, l’usabilità invece descrive la facilità con cui l’utente comprende il suo funzionamento  e lo mette a terra.  Infine, il livello riflessivo, quello più sofisticato, definisce ciò che viene trasmesso in seguito all’esperienza d’utilizzo. 

L’applicazione concreta 

Un altro punto importante è il fatto che il cervello cambia la propria modalità operativa quando viene raggiunto da composti chimici chiamati neurotrasmettitori. 

Ecco spiegato perché qualsiasi nostra azione ha una componente sia cognitiva che affettiva, e proprio quest’ultima gioca un ruolo determinante nella progettazione delle interfacce digitali. A titolo esemplificativo, quando ci troviamo in uno stato affettivo negativo, i neurotrasmettitori ci inducono a stare concentrati sui dettagli, attivando nel contempo la tensione muscolare. Alternativamente,  quando ci troviamo in uno stato affettivo positivo, i neurotrasmettitori ampliano l’operatività del cervello e i muscoli si rilassano, permettendo all’individuo – ora attratto e incuriosito – di apprendere meglio le informazioni. Insistendo su questi concetti, l’intelligenza artificiale ha modo di personalizzare i servizi di volta in volta offerti, in modo tale da offrire esperienza sempre più singolari. 

Le sperimentazioni accademiche e professionali

Negli ultimi anni, vari Atenei hanno esteso la propria offerta formativa traendo spunto dalle potenzialità dell’unione di design, marketing, intelligenza artificiale e psicologia. Senza dubbio, si tratta di un campo professionale in via di sviluppo; tuttavia, per poter essere colto con profitto, necessita di un approccio metodologico ad ampio spettro. 

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