Responsabilità legali nell’era dell’IA: innovazione, tutela e futuro del lavoro


Dalla guida autonoma ai chatbot, fino agli algoritmi che supportano medici, giudici e selezionatori del personale, l’intelligenza artificiale ormai permea ogni ambito sociale ed economico. 

Questa pervasività ha portato con sé grandi opportunità ma anche nuovi rischi, come dimostrano casi recenti: una giuria statunitense ha condannato Tesla a pagare 329 milioni di dollari per un incidente mortale provocato dal sistema Autopilot, mentre i genitori del sedicenne Adam Raine hanno intentato una causa contro OpenAI accusando ChatGPT di aver fornito istruzioni per il suicidio del figlio

Episodi simili alimentano interrogativi su responsabilità civili e penali, stimolando legislatori e imprese a sviluppare un quadro regolatorio coerente che consenta di innovare sì, ma in piena sicurezza.

Il quadro normativo europeo: AI Act 

L’Unione europea ha approvato il Regolamento 2024/1689 più noto come AI Act, adottando un approccio basato sul rischio: le pratiche ad alto rischio, come sistemi che riguardano infrastrutture essenziali, l’istruzione, le risorse umane, la sanità, la giustizia o l’amministrazione pubblica, devono rispettare requisiti stringenti su qualità dei dati, sicurezza e supervisione umana. 

Gli obblighi si applicano non solo a chi sviluppa l’IA ma anche a chi la integra nei propri processi, imponendo la valutazione dei rischi, la formazione dei dipendenti e la trasparenza verso gli utenti.

Un elemento chiave del regolamento è l’articolo 14, che impone ai fornitori di sistemi ad alto rischio di garantire sempre l’intervento umano mediante un “tasto stop” o procedura analoga per interrompere il funzionamento del sistema in condizioni di sicurezza. 

Il mancato rispetto di quest’obbligo può costituire indizio di colpa in sede civile. Il testo approvato ha rafforzato la tutela eliminando le eccezioni previste nella bozza e rendendo incondizionato il diritto all’intervento manuale. Tale misura evidenzia come l’UE riconosca la necessità di preservare un controllo umano effettivo.

Oltre l’AI Act: la direttiva sui prodotti difettosi

La recente Direttiva 2024/2853 aggiorna le regole sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi. Essa qualifica software e sistemi di intelligenza artificiale come prodotti, rendendo i produttori responsabili dei difetti connessi agli aggiornamenti o alla capacità di apprendimento dell’IA. 

Importatori, rappresentanti, fornitori di logistica e piattaforme online che rendono disponibili prodotti da produttori extra-UE rispondono in solido, cioè restano sono contemporaneamente e interamente responsabili della stessa obbligazione dei confronti del soggetto danneggiato. 

La direttiva impone che le vittime dimostrino solo il difetto e il nesso causale con il danno, senza dover provare la colpa del produttore. Gli Stati membri, poiché si tratta di una direttiva, avranno l’obbligo di recepire queste norme comunitarie entro il 9 dicembre 2026, con applicazione ai prodotti immessi sul mercato dopo tale data.

Il disegno di legge italiano 1146/2024: responsabilità e principi

Il disegno di legge italiano 1146/2024, approvato dal Senato il 20 marzo 2025 e trasmesso all’altro ramo del Parlamento, è la prima normativa organica nazionale sull’IA in Europa. Si fonda su un approccio antropocentrico, secondo il principio cardine che la tecnologia dovrebbe restare al servizio dell’uomo, nel rispetto di dignità e diritti fondamentali. 

La legge vieta la giustizia predittiva, limitando l’IA a un ruolo ausiliario nei tribunali, e attribuisce sempre la responsabilità ultima a medici e datori di lavoro nei settori sanitario e occupazionale. Introduce l’obbligo di segnalare i contenuti generati da IA, restringe il diritto d’autore alle opere con apporto umano e crea nuovi reati per l’uso illecito delle tecnologie. 

Critiche arrivano per le deroghe alla sicurezza nazionale e l’abolizione dell’obbligo di localizzazione dei server, ma il provvedimento segnerebbe comunque un passo avanti nel bilanciamento tra innovazione e diritti.

Il caso isolato della Regione Puglia

La Regione Puglia ha approvato il 14 aprile 2025 le “Misure di promozione in materia di Innovazione aperta e Intelligenza Artificiale” diventando la prima a livello nazionale a legiferare esplicitamente sull’IA e sull’Open Innovation, all’interno delle competenze regionali, in coerenza con il Regolamento UE 2024/1689. 

La legge punta a sostenere lo sviluppo tecnologico del sistema produttivo, promuovendo la collaborazione tra imprese, startup, università, centri di ricerca, pubbliche amministrazioni e cittadini grazie a iniziative di formazione e divulgazione sui rischi e le opportunità dell’IA, nonché tramite la costituzione di hub territoriali per l’innovazione, tutto ciò con l’obiettivo di accelerare i processi produttivi e di migliorare la cooperazione tra ricerca e imprese per rafforzare la competitività della Puglia.

Responsabilità civile e penale: modelli emergenti

Nel diritto civile italiano, la responsabilità per danno si fonda ai sensi dell’articolo 2043 del Codice, ma l’IA introduce un attore non umano che rende difficile attribuire colpa a una persona fisica. Alcuni giuristi ritengono opportuno adottare modelli di responsabilità oggettiva, analoghi a quelli previsti per i prodotti difettosi, secondo cui chi trae beneficio dall’uso di sistemi autonomi dovrebbe farsi carico dei rischi intrinseci. Un’altra proposta consiste nell’introdurre assicurazioni obbligatorie per i gestori di IA, sul modello delle polizze per i veicoli o per i professionisti, così da ripartire i rischi e garantire risarcimenti celeri alle vittime. 

Sul versante penale, l’AI Act non crea nuove fattispecie ma impone obblighi di conformità e trasparenza per cui, chi dovesse violare le prescrizioni disposte, rischierebbe sanzioni amministrative fino al sette per cento del fatturato annuo

Nelle fattispecie più gravi, come nei casi di lesioni o omicidio colposo, la responsabilità penale potrebbe cadere su chi ha omesso di adottare misure preventive, come l’adeguata sorveglianza umana o la possibilità di bloccare il sistema. Per questo le aziende saranno chiamate a dotarsi di modelli organizzativi e gestionali conformi al decreto legislativo 231/2001, che attribuisce responsabilità amministrativa agli enti in presenza di reati commessi nel proprio interesse.

Conclusioni e implicazioni per il futuro del lavoro

L’IA sta rimodellando il mercato del lavoro, in particolare grazie a sistemi generativi che automatizzano processi cognitivi e riducono mansioni, creando tuttavia nuovi sbocchi professionali legati alla data science, alla gestione etica e alla supervisione algoritmica. 

I lavoratori rischiano di essere sostituiti nei compiti ripetitivi ma restano insostituibili nelle attività che richiedono creatività, empatia e giudizio morale. Le imprese dovranno investire nella formazione per sviluppare competenze digitali, promuovendo un’architettura del lavoro che valorizzi il contributo umano e mantenga il senso del significato e del valore, bilanciando efficienza e benessere dei dipendenti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA