Autonomia in orbita: AIKO, il ponte tra accademia e missioni spaziali


C’è un punto preciso in cui la ricerca smette di essere promessa e diventa capacità operativa. AIKO nasce precisamente in questo interstizio: dall’incontro tra un percorso accademico rigoroso e l’esigenza di tradurre la scienza in pratica, in un’impresa capace di portare l’intelligenza artificiale “a bordo” dei satelliti e “a terra” nelle sale di controllo. Guidata da Lorenzo Feruglio – formatosi al Politecnico di Torino con esperienze al Jet Propulsion Laboratory della NASA e MIT – AIKO porta in dote una doppia radice, accademica e industriale, che non è un dettaglio biografico, ma la cerniera che ha trasformato intuizioni scientifiche in strumenti operativi pronti per l’orbita.

AIKO prende forma quando maturano le prime conferme della fattibilità di machine learning e deep learning in esecuzione direttamente a bordo. Da lì, la traiettoria non è quella dell’azzardo, ma del metodo: ascolto del mercato, scomposizione dei bisogni, passaggio da un’unica “soluzione per tutto” a un portafoglio di prodotti che collocano con chiarezza il valore nei passaggi chiave del ciclo di missione. L’ambizione è netta: automatizzare i processi cardine di una missione, dalla gestione delle immagini alle operazioni di routine, fino alle manovre più delicate. Il risultato è un circuito virtuoso: meno traffico inutile, decisioni più rapide, operatori che supervisionano invece di intervenire su ogni passaggio. 

L’intelligenza artificiale non ruba il mestiere: ridisegna la distribuzione dell’attenzione, lasciando all’essere umano il governo delle decisioni cruciali. Non stupisce, dunque, che AIKO sia riconosciuta come riferimento europeo per le soluzioni complesse basate sull’intelligenza artificiale nello spazio e il merito risiede nella capacità di costruire prodotti scalabili, pensati per l’adozione industriale. 

L’autonomia nello spazio non è solo velocità ed efficienza: è una pratica che si fonda su responsabilità tecnica e formazione continua. Per AIKO, la ricerca non è vetrina ma infrastruttura: si misura nella capacità di far crescere standard condivisi, competenze spendibili e processi di validazione che trasformano un’ipotesi in operatività.

Un esempio concreto è il dottorato cofinanziato con l’Agenzia Spaziale Francese (CNES), in collaborazione con ISAE, sul deorbiting autonomo: qui si opera nella fase conclusiva più sensibile del ciclo di vita di un satellite, con requisiti di affidabilità non negoziabili. AIKO porta in laboratorio vincoli reali, dati e metriche; l’accademia risponde con metodo, prototipi e talenti. La maturazione resta in fase di collaudo finché i risultati non reggono scenari realistici, solo allora i prototipi diventano utilizzabili per l’adozione industriale.

Ne nasce un circolo virtuoso: AIKO alimenta la frontiera scientifica e, al contempo, forma giovani ricercatori già orientati all’operatività; così la conoscenza accademica diventa standard industriale e il talento trova un percorso di impatto misurabile. 

Un corso di “AI per missioni autonome” – nell’impostazione suggerita dall’esperienza di Lorenzo Feruglio, fondatore e CEO di AIKO – dovrebbe essere necessariamente a più voci, in una struttura coralmente interdisciplinare: informatica per le famiglie di modelli e l’architettura del software; ingegneria di sistema per collegare gli algoritmi agli obiettivi di missione; industria per portare trade-off reali, vincoli di certificazione e casi d’uso non sterilizzati. Al centro, una didattica hands-on: prototipi, prove su hardware con risorse limitate, criteri di valutazione che non si fermano all’accuratezza, in cui contano anche latenza, robustezza e capacità di ripristino. È in questo attrito virtuoso tra teoria e pratica che si andrebbero formandosi profili operativi, pronti a incidere dal primo giorno.  

L’orbita bassa è già la più grande aula del mondo, ogni passaggio sopra le nostre teste insegna come far convivere automatismi sofisticati e responsabilità condivise. AIKO ha scelto di imparare e insegnare nello stesso tempo: dall’università ha preso il rigore, dal mercato la misura, dallo spazio l’umiltà di progettare sapendo che lassù tutto è risorsa scarsa – banda, energia, tempo, attenzione. Da questa economia dell’essenziale nasce l’autonomia orbitale: non un vezzo tecnologico, ma un nuovo alfabeto operativo. A chi studia oggi chiede di diventare, domani, autore di missioni che si pensano, si pianificano e, quando serve, sanno decidere da sole.

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