Come i brand stanno ridefinendo il proprio ruolo comunicativo nel contesto geopolitico contemporaneo


In un mondo attraversato da crisi internazionali e polarizzazione sociale, i brand si ritrovano sempre più spesso al centro del dibattito politico. Gli ultimi eventi della scena mondiale hanno infatti reso evidente quanto anche le aziende siano influenzate ed al contempo protagoniste delle dinamiche globali, nelle quali si inseriscono con le loro prese di posizione, ma anche con i loro silenzi. Una tendenza confermata dall’Edelman Trust Barometer 2024, secondo cui quasi otto persone su dieci percepiscono le azioni dei brand come politiche.

I brand sotto la lente dei consumatori

Quando sorge una nuova crisi internazionale, i marchi si trovano improvvisamente sotto lo sguardo attento dei consumatori e dei media, e così ogni nuovo conflitto o dibattito sociale, genera inedite dinamiche che richiedono una costante attenzione, flessibilità e responsabilità. Pensiamo ad esempio al diverso modo di reagire dell’opinione pubblica di fronte alla guerra tra Russia e Ucraina, rispetto al conflitto conflitto in Medio Oriente. 

Con lo scoppiare del primo, i brand hanno percepito quasi subito la necessità di prendere posizione e dimostrare il loro sostegno al popolo ucraino. Gli stessi media europei e americani hanno riflesso e incoraggiato questo tipo di reazione da parte dei consumatori, costruendo consenso diffuso attorno alla richiesta che i brand interrompessero i rapporti con la Russia. 

Nel caso del conflitto in Medio Oriente invece, la diversa natura dell’accaduto, la spaccata percezione da parte della società e le complesse dinamiche politiche e culturali implicate, hanno spinto la maggior parte dei brand a scegliere un silenzio strategico e cercare di lasciare il discorso a ONG, politici e media. 

Questo perché i brand, con il loro potere economico, sono attori in grado di influenzare lo scenario politico. Sempre più spesso scelgono di entrare nel dibattito pubblico non solo per difendere i propri interessi, ma anche per esprimere una posizione su temi sociali controversi, assumendo di fatto un ruolo che va oltre il mercato.

I marchi e l’influenza politica

Allo stesso tempo però, i brand vengono a loro volta influenzati dal contesto esterno. Un esempio su tutti, il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, che sta ridisegnando i confini del discorso aziendale statunitense e riaccendendo la culture war americana, mettendo ancora una volta i brand al centro del conflitto identitario del Paese. 

Negli Stati Uniti, dove il consumo è da tempo anche un atto politico, la polarizzazione si traduce in scelte di acquisto e boicottaggio, e le aziende si trovano costrette a prendere posizione, o a difendere la propria neutralità. Così, mentre una parte del pubblico chiede alle imprese di continuare a difendere i valori di diversità e inclusione, l’altra le accusa di essere strumenti della woke culture

Questo fenomeno, che è in parte anche conseguenza della diffusione dell’attivismo di marca negli ultimi anni, fà sì che in questo contesto, la comunicazione di marca sia diventata un terreno di opportunità e rischi in cui schierarsi può significare rafforzare il legame con una community, ma anche scatenare proteste e danneggiare la propria reputazione. 

Le tendenze comunicative dei brand

Dinamiche come queste stanno cambiando il modo in cui le imprese decidono di rivolgersi ai consumatori e i valori che intendono comunicare attraverso le proprie campagne. L’incertezza diffusa sta infatti portando molti brand a temere possibili ripercussioni reputazionali, sia derivanti dall’opinione pubblica, sia connesse a potenziali azioni legali conseguenti alle recenti trasformazioni legislative. 

Così, numerosi brand statunitensi sembrano aver adottato un atteggiamento più prudente, riducendo la componente esplicitamente attivista delle loro campagne, pur talvolta continuando a implementare iniziative concrete in ambito sociale, ambientale o di inclusione. 

Come già accaduto in passato, le tendenze comunicative statunitensi potrebbero anticipare dinamiche destinate a estendersi anche in Europa e nel resto del mondo. Tuttavia, non è da escludere che, nel contesto geopolitico attuale, si possa verificare il fenomeno inverso. 

Le recenti decisioni dell’amministrazione Trump hanno infatti spaccato anche l’opinione pubblica internazionale e, in questo scenario, le decisioni prese negli Stati Uniti potrebbero in alcuni contesti, produrre un effetto opposto, favorendo nuove forme di mobilitazione e di attivismo sociale, volte a mantenere aperto lo spazio di discussione su temi civili e valoriali. 

In effetti, alcune di queste proteste  si sono già verificate e sono arrivate proprio dal mondo dei brand. Pensiamo ad esempio a Swatch che ha lanciato l’orologio “What if…tariffs?”, come provocazione verso i dazi al 39% imposti da Trump sulle importazioni dalla Svizzera, oppure ancora al movimento Boycott America sorto in Canada, sempre in protesta ai dazi introdotti dal governo americano nel 2025. 

Il giusto equilibrio tra dimensione sociale e aspetto economico

I manager non possono più limitarsi a osservare la scena globale: devono comprenderla, anticiparla e reagire. Astenersi dal trattare temi controversi per mostrare invece contenuti più edulcorati ed imparziali, non necessariamente solleva dalle critiche, e troppa cautela rischia di entrare in contrasto con le pressioni esterne e con la volontà stessa degli utenti di conoscere più a fondo i brand. 

Per ridurre le possibilità di backlash e costruire strategie comunicative efficaci, le aziende, devono trovare un allineamento tra cause sostenute e valori del brand, che consenta di tradurre l’impegno sociale in una narrazione credibile e duratura, riducendo il rischio di percezione opportunistica e rafforzando la fiducia dei consumatori. 

Trovare il giusto equilibrio tra dimensione sociale ed economica resta una sfida complessa, ma con un grande potenziale sia per il brand che per la società. Prendere posizione, non è necessariamente la scelta migliore per tutti i brand, ed occorre valutare una serie di elementi prima di decidere se dedicarvisi e con quale approccio. Inoltre, esporsi su temi che esulano dall’area di legittima competenza del brand, è una pratica che richiede forte coerenza, autenticità e costanza, a prescindere dal livello di controversia dietro al tema affrontato.

Una scelta che si dovrebbe accompagnare alla consapevolezza che ogni presa di posizione comporta una dose di rischio a cui eventualmente il brand deve rispondere con trasparenza e prontezza. La chiave? scegliere le proprie battaglie.

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