La diplomazia, per molti, è una parola remota, un concetto confinato ai libri di storia. Per Giulia Corso, diciotto anni, studentessa del Liceo Linguistico Petrarca di Trieste, è diventata invece un esercizio di lucidità e responsabilità.
Alla conferenza Model United Nations di Berlino — una delle più prestigiose simulazioni ONU in Europa — Giulia è stata l’unica italiana a distinguersi tra quasi trecento delegati internazionali, conquistando il Best Position Paper Award per il suo intervento nel Consiglio Nord Atlantico della NATO, rappresentando Cipro.
Nel suo documento ufficiale, Giulia ha delineato con rigore e sensibilità una visione sulla sicurezza europea e sul sostegno a lungo termine all’Ucraina.
Non ha prodotto una raccolta di opinioni, ma argomentazioni dense, strutturate come un vero testo diplomatico: analisi del diritto internazionale, attenzione alla tutela umanitaria, prospettiva energetica sostenibile. Un testo che ragiona con la precisione di una diplomatica e la sensibilità di chi sa che la politica, prima ancora di essere potere, è linguaggio.
Il valore di un’esperienza come il Model United Nations non sta solo nel confronto verbale, ma nel metodo che insegna: documentarsi, comprendere, costruire sintesi.
È un percorso che obbliga a ragionare oltre il proprio punto di vista, a difendere idee che non sempre coincidono con le proprie, ad ascoltare prima di convincere.
E forse è proprio questo il senso più profondo della leadership del futuro: la capacità di tenere insieme mente e parola, analisi e umanità. È qui che nasce la vera intelligenza diplomatica: nella capacità di sostenere una tesi senza perdere l’empatia.
La storia di Giulia non è un aneddoto isolato, ma un simbolo di ciò che la scuola e i programmi internazionali possono generare quando incontrano il talento giusto.
Dalla sua Trieste — città di scambi e di confini, da sempre laboratorio di pluralità — Giulia ha portato sul palco berlinese la misura di una cultura che sa essere aperta e disciplinata insieme.
Esperienze come queste mostrano la forza dei percorsi che uniscono scuola e impresa, università e società. Sono esperienze che costruiscono capitale umano, nel senso più nobile: giovani che non si limitano a conoscere, ma imparano a interpretare la realtà.
Che comprendono che ogni decisione — anche simbolica, anche simulata — porta con sé un’etica, un impatto, una visione.
Nel mondo della diplomazia giovanile, il merito non si misura solo nella capacità di parlare in pubblico, ma in quella di capire quando tacere, quando mediare, quando cambiare idea.
La storia di Giulia ricorda che la diplomazia non si impara negli spazi del potere, ma nei luoghi dove il dialogo diventa esercizio quotidiano di empatia e competenza.
È questa la vera leadership del domani: quella che non impone, ma costruisce; che non parla per vincere, ma per unire.
E forse è proprio qui che nasce la nuova diplomazia: nei pensieri lucidi di una studentessa che ha imparato, da Trieste, a dialogare con il mondo.
Una diplomazia che nasce dal pensiero, si forma nel dialogo e si misura con la realtà; se trova terreno fertile, può davvero trasformare il sapere in azione, e l’intelligenza in guida.