Negli ultimi anni la competizione per i talenti si è spostata ben oltre gli stipendi. Oggi i professionisti, soprattutto le nuove generazioni, scelgono dove lavorare in base alla qualità dell’esperienza che un’azienda offre. Il wellbeing aziendale – inteso come benessere fisico, mentale e sociale dei dipendenti – è diventato una leva strategica tanto importante quanto la retribuzione.
Dal benefit al fattore strategico
Un tempo le iniziative di benessere in azienda erano considerate “fringe benefits”: abbonamenti in palestra, frutta fresca in ufficio, qualche evento di team building. Oggi, invece, il wellbeing è un pilastro della cultura aziendale. Secondo uno studio di Gallup 2024, le aziende che investono seriamente nel benessere dei propri dipendenti registrano un 22% in più di produttività e un 41% in meno di assenteismo. Non si tratta quindi di semplice welfare, ma di un investimento ad alto ritorno.
Le nuove priorità dei dipendenti
Il post-pandemia ha accelerato questa trasformazione. I lavoratori chiedono oggi:
- Flessibilità e work-life balance: modelli ibridi, orari personalizzati, possibilità di “workation”.
- Salute mentale: programmi di supporto psicologico, giornate di “wellbeing leave”, piattaforme digitali di terapia online.
- Sostenibilità personale: politiche che evitino il burnout e incoraggino la crescita professionale.
Un sondaggio di Deloitte 2025 mostra che il 77% dei Millennial e Gen Z considera la cultura del wellbeing come criterio decisivo per restare in un’azienda.
Aziende pioniere
Molti grandi player hanno già messo il wellbeing al centro delle proprie strategie HR:
- Microsoft ha introdotto settimane di “wellbeing reset”, incoraggiando team interi a fermarsi per rigenerarsi.
- Spotify offre congedi parentali estesi e programmi globali di salute mentale.
- In Italia, realtà come Luxottica e Enel stanno investendo in piattaforme digitali di wellbeing personalizzato e programmi di inclusione.
Un nuovo modello di employer branding
Il wellbeing aziendale è ormai un driver fondamentale per l’employer branding: non basta dire “qui si lavora bene”, bisogna dimostrarlo con azioni concrete e misurabili. Sempre più aziende usano indicatori di benessere (employee satisfaction, retention, engagement) come KPI al pari del fatturato.
Chi saprà integrare davvero il wellbeing nella propria identità sarà vincente nella battaglia per attrarre i talenti migliori. Perché un’azienda è forte solo quanto lo è la salute – fisica e mentale – delle persone che la compongono.